Venerdì, nel giorno in cui il mondo riceve l’indulgenza plenaria da Papa Francesco, in piena pandemia di Coronavirus, don Elio Piccari avrebbe compiuto 83 anni, dopo sei decenni di sacerdozio consacrato al servizio degli ultimi accanto all’apostolo della carità, il Servo di Dio, don Oreste Benzi. E’ morto in silenzio proprio nei giorni in cui l’emergenza sanitaria impedisce, al momento, di dargli l’ultimo saluto con pubbliche esequie.
Come nei percorsi di santità della bimillenaria e luminosissima storia cristiana, due figure apparentemente lontane per indole e modalità di relazione al prossimo, diventano una provvidenziale miscela di carità e annuncio evangelico. Le prime volte che incontrai don Elio ne ricavai un’impressione contrastante, opposta al calore e al senso di condivisione che spontaneamente promanavano da don Oreste. Don Elio, a una prima, superficiale occhiata, appariva come l’esatto opposto del suo confratello sempre pronto all’accoglienza e al sorriso.
Modi, aspirazioni, atteggiamenti sembravano lontani e differenti quanto il giorno e la notte. In realtà, approfondendo la conoscenza, si scopriva una straordinaria complementarietà e una sottile complicità spirituale tra due infaticabili cooperatori della volontà Divina, che, in sessant’anni di vita insieme, non hanno mai smesso di darsi del “lei”, come segno di rispetto e di riconoscimento reciproco del rilievo che ciascuno dei due attribuiva all’apporto dell’altro alla missione comune. Non darsi del “tu” non era distanza bensì atto di omaggio e di silente e implicito ringraziamento per il dono prezioso di un’amicizia fedele coltivata fino all’ultimo respiro.
Don Oreste era mite, don Elio apparentemente burbero ma ciò li rendeva due facce della stessa medaglia, unite dalla medesima forza interiore che diventava santa testardaggine e profezia in un singolare e irripetibile mix di introversione dell’uno ed estroversione dell’altro, quasi che uno iniziasse un’opera e l’altro ne traesse le conseguenze. Guai, però, a etichettare don Elio come una persona fredda e distaccata. L’altra metà di quell’universo vulcanico che è stato don Benzi va ricercata proprio nel sodalizio granitico con don Elio, cioè con il prete che non esitava ad alzare la voce, a rimproverare, ad arrabbiarsi, a commuoversi e persino a mandare a quel paese. Sempre e comunque era se stesso, però, mai cattivo, mai velenoso, con il suo amore viscerale per la parrocchia di periferia “La Resurrezione” in zona Grottarossa a Rimini, costruita insieme a don Benzi e l’asilo curato con orgoglioso amore lungo il succedersi di generazioni di bambini accompagnati e sostenuti nella fatica di diventare grandi.
Quanti ragazzi hanno scoperto la bellezza della fede e dell’impegno solidale durante i campeggi che organizzava don Elio sulle Alpi! Qui sta uno dei tanti motivi di grandezza del connubio di fede che ha legato per tutta la vita don Elio a don Oreste: non si sono mai arresi all’ingiustizia dei soggiorni di condivisione e svago negati ai diversamente abili. Proprio perché hanno diritto ad una vacanza come chiunque altro, i due sacerdoti si sono battuti contro l’ignoranza e l’egoismo dei “benpensanti”, prodigandosi fin dagli anni ’50 nel tentativo di superare le barriere culturali, architettoniche ed economiche che confinavano questi nostri fratelli nelle loro stanze, senza permettere loro di ammirare la bellezza del creato e dell’amicizia che si può assaporare solo all’aria aperta e nel tempo libero.
Riuscirò progressivamente a riscoprire nella memoria di don Elio il suo amore incondizionato e paterno per la Comunità Papa Giovanni XXIII, al cui bene supremo, come fanno i genitori con figli non sempre pienamente riconoscenti, si è immolato, lasciandosi umilmente spremere come un limone, senza mai rivendicare per sé riconoscimenti né visibilità. Tanto poco gli interessava il carrierismo ecclesiale condannato da Papa Francesco, che è stato vice parroco finché don Benzi non ha dovuto presentare le dimissioni per il raggiungimento dell’età canonica.
Ci ha uniti l’amore mistico per don Oreste e l’ho sentito vicino spiritualmente soprattutto da quando ho iniziato a condividere con il “contemplattivo”, sotto lo sguardo preoccupato di don Elio, i pericoli della battaglia contro i trafficanti di esseri umani. Quando sapeva che eravamo insieme lui si sentiva più tranquillo. Aveva un senso dell’umorismo tutto suo e contraddiceva di fatto il proverbio secolare secondo il quale “nessun uomo è veramente grande per chi lo conosce bene”.
Come un bambino, don Elio si sorprendeva ogni volta dei segni di santità di don Oreste. Non l’ho mai sentito attaccare o criticare un sacerdote, anzi li ha sempre difesi pregando molto per loro.
E’ tornato alla Casa del Padre, dove non vedeva l’ora di raggiungere don Oreste, nel giorno dell’Annunciazione. Lui che di quell’”Eccomi” ha fatto il motivo portante di un’esistenza, spesa nell’amore incondizionato per la Chiesa e nella prossimità a quei fratelli più sfortunati per i quali fu tra i primi a combattere per ottenere l’Eucarestia. Una madre, diceva, non abbandona mai i suoi figli e un padre non fa mancare loro il Pane. La sua bellissima avventura terrena si è conclusa tra invocazioni alla Madonna affinché lo venisse a prendere e a don Oreste il cui nome è rimasto sulle sue labbra fino al definitivo respiro. Questi miei pensieri, messi nero su bianco di getto, e quindi imperfetti, giungano come una carezza a tutti coloro che hanno beneficiato della missione di don Elio e che lo hanno amato, a cominciare dai tanti familiari e dai devotissimi Paola e Walter che lo hanno fatto sentire sempre in una vera Chiesa domestica.
Ma sono sicuro che don Elio apprezzerebbe soprattutto un pensiero per quei giovani sacerdoti che lui incoraggiava e sapeva anche tener su di morale con l’arguta saggezza del curato di campagna.
IL CANTICO DI UN ANZIANO
(scritto e intitolato da don Elio Piccari)
Benedetti quelli che mi guardano con simpatia.
Benedetti quelli che comprendono il mio camminare stanco.
Benedetti quelli che parlano a voce alta per minimizzare la mia sordità.
Benedetti quelli che stringono con calore le mie mani tremanti.
Benedetti quelli che si interessano della mia lontana giovinezza.
Benedetti quelli che non si stancano di ascoltare i miei discorsi già tante volte ripetuti.
Benedetti quelli che comprendono il mio bisogno di affetto.
Benedetti quelli che mi regalano frammenti del loro tempo.
Benedetti quelli che si ricordano della mia solitudine.
Benedetti quelli che mi sono vicini nella sofferenza.
Beati quelli che rallegrano gli ultimi giorni della mia vita.
Beati quelli che mi sono vicini nel momento del passaggio.
Quando entrerò nella vita senza fine mi ricorderò di loro presso il Signore Gesù.