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L'appello del vescovo caldeo: “Aiutateci”

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Aleppo riprende vita, ma dipendiamo ancora dal vostro aiuto. Vi prego sostenete i cristiani, i pochi rimasti, così che possano continuare a vivere in Siria”. È l’accorato appello di mons. Antoine Audo, vescovo caldeo di Aleppo, ai benefattori di Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs). Invitando a sostenere la campagna di Natale di Acs, interamente dedicata alla sua città natale, il presule offre un quadro dell’attuale situazione, migliorata rispetto a un anno fa ma tuttora drammatica per i “danni enormi” subiti dalla città. “Sono state ripristinate acqua corrente ed energia elettrica – pur con frequenti interruzioni – il livello di sicurezza è migliorato, vi è una minima ripresa delle attività economiche” ma resta lo spettro di una comunità cristiana ridotta a meno di un terzo rispetto al 2011. “Dei circa 150.000 fedeli” presenti prima dell'inizio della guerra “ne rimangono poco più di 40.000”, molti in case semidistrutte dalle bombe. Dimezzato anche il numero di chiese, ospedali e strutture sanitarie. “Ma ciò che è più grave – sottolinea mons. Audo – è che almeno l’80% dei nostri medici ha lasciato il Paese” e mancano quasi del tutto le medicine.

Tra i progetti della campagna di Natale Acs vi è anche il sostegno all’ospedale Saint Louis di Aleppo. Gestito dalle suore di san Giuseppe dell’Apparizione, si trova nel quartiere Ismailie nella parte occidentale della città, ed è uno dei pochi rimasti in piedi dopo i bombardamenti. La fondazione pontificia contribuirà all’acquisto di materiale sanitario e di generatori elettrici che consentiranno alle apparecchiature di funzionare nelle ore di blackout. In questo quadro tanto cupo, i cristiani di Aleppo trovano speranza nel sostegno dei loro fratelli occidentali. “Grazie ai benefattori di Acs – afferma il presule invitando a donare per la campagna di Natale della Fondazione pontificia – il loro supporto ci consente di continuare ad essere delle pietre vive e una presenza di pace e di riconciliazione per la Siria e per il nostro popolo”.

Salvatore Caporale: