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Ecco il Villaggio della Gioia sognato da don Benzi

Il Villaggio della gioia, nato a Forlì dieci anni fa, è uno degli ultimi sogni di don Oreste Benzi, morto due giorni prima dell’inaugurazione, come ha ricordato il responsabile, Daniele Severi, al secondo incontro dei seminari di studio promossi dalla Caritas diocesana di Cesena e dall’Ufficio diocesano per i problemi sociali e il lavoro. “Trasmettere… una fede che sa amare” il tema trattato, a partire dall’esperienza di tutti i giorni, quella che Daniele vive con la sua famiglia e altre due della Comunità Papa Giovanni XXIII.

L'esperienza diretta

Sei sposi e i loro 22 figli, alcuni naturali e altri accolti in affido o in adozione. Famiglie aperte, le famose case-famiglia di don Benzi, ma non solo disposte ad accettare bambini soli. Disponibili, invece, a farsi prossime a famiglie intere, perché a volte è proprio tutto il nucleo di mamme e papà con i loro figli che ha bisogno di sentire di essere voluto bene. E da lì si può ripartire, per una vita nuova. “Sì, perché se a una persona offri la possibilità di vivere diversamente – sostiene Severi su Sir – allora può essere che cambia davvero il suo modo di vivere. La nostra prima famiglia accolta, dopo cinque anni di vita tra noi per metterci in sintonia con le nostra case sempre aperte, è stata una famiglia di zingari. Non è stato semplice neppure per noi. I nostri figli avevano non pochi timori. Eppure vi posso dire che in quattro anni non si è verificato mai un furto”. “Abbiamo scelto di aprire le nostre famiglie a chi ha bisogno, condividendo la nostra vita anche con nuclei familiari in difficoltà, instaurando con loro rapporti di fiducia e aiuto, che permettono ai genitori di superare le proprie difficoltà – personali, economiche, relazionali – senza separarsi dai figli”, raccontano sul sito della Comunità i responsabili del progetto. “Tutti i bambini, anche quelli con una famiglia disagiata – spiegano – hanno il diritto di crescere con i loro genitori: per loro sono la cosa più importante. La nostra esperienza di casa famiglia ci permette di creare un 'ambiente terapeutico' efficace, pieno di calore, amore, professionalità e spiritualità. È un percorso lungo e impegnativo, durante il quale dobbiamo riuscire a garantire alle famiglie che accogliamo la possibilità di rimanere per il tempo necessario a 'guarire le ferite'. Molte infatti arrivano da noi senza risorse e senza nessun sostegno”. E' possibile versare un contributo cliccando qui. Il terzo e ultimo appuntamento del ciclo si terrà lunedì 28 ottobre, sempre in seminario a Cesena alle 21. Interverrà su “Trasmettere una fede che sa dialogare” Brunetto Salvarani, docente di Teologia della missione e del dialogo.

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