Il calvario degli invisibili che muoiono di fame in Tigray. Sos dell’agenzia missionaria vaticana Fides per i profughi eritrei in fuga nelle regione settentrionale dell’Etiopia. Per fermare la loro atroce sofferenza sono necessari alcuni interventi urgenti. E cioè “registrazione. E riconoscimento dello status dei rifugiati“. Ciò assicurerebbe ai profughi un minimo di sicurezza.
L’eccidio della fame
A lanciare l’allarme è padre Mussie Zerai. Il sacerdote dell’eparchia di Asmara è da sempre impegnato nella tutela dei migranti. I profughi eritrei in Etiopia necessitano di aiuti materiali (cibo, ripari). E di assistenza medica e psicologica. Da qui l’appello all’ commissariato Onu per i rifugiati. E al governo etiope. Perché vengano attivati “tutti gli strumenti utili per alleviare le sofferenze di questi profughi molto vulnerabili”.
Senza status
In particolare ai profughi eritrei che vivono nel Tigray deve essere riconosciuto uno status giuridico che li tuteli. Oggi nel nord dell’Etiopia vagano migliaia di eritrei spesso ridotti alla fame. Esposti a ogni forma di sfruttamento e abusi. Questa situazione sta aumentando la disperazione. Creando le condizioni per coloro che trafficano gli esseri umani. E l’esodo verso il Sudan e Libia va aumentando. Tutto a causa delle pessime condizioni di “non accoglienza” che trovano nel Tigray. Inoltre dal 4 novembre in Etiopia sono in corso operazioni militari ordinate dal primo ministro Abiy Ahmed nel Tigray. Si tratta di una drammatica escalation delle tensioni. Che da anni vedono opposti le autorità di Addis Abeba. E i dirigenti del partito che governa questa provincia settentrionale del Paese. Cioè il Fronte per la liberazione del popolo Tigray (Tplf).