Spaccio durante il lockdown. E’ avvenuto anche questo nel momento in cui la pandemia faceva vivere agli italiani la fase più acuta e difficile. E non solo: secondo quanto emerso dall’indagine che ha portato a debellare una rete criminale tra Veneto e Friuli-Venezia Giulia, fra i luoghi utilizzati per lo smercio degli stupefacenti vi era anche una chiesa. A Mestre per l’esattezza. Cinque le persone finite in manette, arrestate dalla Guardia di Finanza di Pordenone e coinvolte a vario titolo nello spaccio di eroina. Altre due, invece, sono indagate in stato di libertà. Dall’inchiesta è stato rilevato come tutti gli indagati simulassero attività lavorative fittizie (come l’assistenza agli anziani) per giustificare gli spostamenti durante il lockdown.
L’indagine
Numerosi gli escamotage utilizzati agli indagati per coprire il losco traffico. Tra questi, l’utilizzo di carte prepagate, al fine di non avere denaro contante con sé. Inoltre, per sviare i controlli, avrebbero più volte nascosto le sostanze stupefacenti non solo negli indumenti intimi ma anche all’interno del corpo. A coordinare l’attività di spaccio, dal suo stato di arresto domiciliare, un uomo di nazionalità tunisina, che affidava agli altri quattro (tutti italiani) la rete del traffico. Secondo gli inquirenti, il blocco in cui si trovava il Paese avrebbe concesso al gruppo di agire quasi senza concorrenza, aumentando inoltre i prezzi delle dosi commercializzate.
Spaccio neutralizzato
L’attività di piazzamento della droga avrebbe permesso agli spacciatori di commercializzare almeno 3 chili di eroina, nell’ambito di oltre 500 episodi fino allo scorso aprile. Tutto veniva concordato telefonicamente, attraverso un linguaggio in codice, mentre le cessioni degli stupefacenti avvenivano prevalentemente nelle loro abitazioni. Era stato proprio l’arresto di una coppia, avvenuto lo scorso anno a Pordenone, a permettere di snodare il filo della vicenda e risalire agli autori della rete di spaccio nell’hinterland. L’operazione ha consentito di troncare un pericoloso nucleo criminale e, soprattutto, un canale di spaccio che aveva intrappolato molti giovani fra Mestre e Pordenone.