E’ stata un’ondata di dissenso generale quella che ha accompagnato il dramma di George Floyd, l’afroamericano rimasto ucciso durante un arresto a Minneapolis e diventato nelle settimane seguenti un simbolo della nuova protesta della comunità nei confronti delle violenze subite dai rappresentanti delle Forze dell’ordine. Ma, più in generale, da una società che ancora combatte contro problematiche razziali che, nonostante l’avvento degli anni Duemilaventi, sembrano ancora affondare le proprie radici nel pensiero e nella cultura sociale degli Stati Uniti. La deriva assunta dalle proteste, però, ha iniziato a creare quelli che, a conti fatti, sono null’altro che dei rigurgiti iconoclasti, che mettono in discussione principi che nulla hanno a che vedere con la giusta rivendicazione dei propri diritti sociali.
La provocazione
A lanciare l’ultima provocazione, in un tweet controverso che ha scatenato un’inevitabile polemica, è stato Shaun King, scrittore e attivista, fra i leader del Black Lives Matter, il quale ha ritenuto opportuno tirare in ballo addirittura le raffigurazioni di Gesù, attribuendo loro una connotazione razziale che nulla ha a che vedere né con la protesta, né tantomeno con la fede cristiana: “Penso che le statue che raffigurano Gesù come un europeo bianco debbano essere abbattute – ha scritto King -, sono una forma di suprematismo e lo sono sempre stato. Nella Bibbia, quando la famiglia di Gesù voleva nascondersi, indovinate dove è andata? In Egitto, non in Danimarca. Buttatele giù”. E, in un altro tweet, ha rincarato la dose: “Gli americani bianchi che per centinaia di anni hanno comprato, venduto, scambiato e schiavizzato a morte gli africani in questo Paese, semplicemente non possono avere quest’uomo al centro della loro religione”. Una deriva che, come riportato dal Guardian, non ha risparmiato nemmeno San Michele arcangelo, la cui icona nell’atto di schiacciare satana, secondo gli attivisti ricorda inequivocabilmente la morte di Floyd. E, per questo, è stata lanciata persino una petizione su Charge.org, nonché interpellata la corona britannica, affinché tale icona non compaia più nello storico Ordine di San Michele e di San Giorgio.
Il rischio
Al di là delle provocazioni lanciate da King, altrettanto preoccupante è la discussione che ne è derivata sui social. Reazioni diverse, di critica certamente, ma alcune anche a supporto, con qualcuno che avrebbe addirittura proposto la distruzione del cristianesimo. Una deriva da tenere in seria considerazione, anche in virtù dei tanti episodi che, in questi giorni, hanno visto coinvolti i monumenti dedicati a esploratori, commercianti e anche grandi statisti, accusati a vario titolo di incarnare stereotipi razziali o di essersene resi protagonisti. Ora, però, la follia iconoclasta si abbatte sulla figura che, di per sé, testimonia l’amore di Dio verso tutti i suoi figli, senza alcun tipo di distinzione. Un rischio che il presidente Trump ha già annunciato di non voler correre: “Adesso puntano a Gesù Cristo – ha detto – A George Washington, ad Abraham Lincoln, Thomas Jefferson. Non succederà, non succederà fintanto che io sarò qui”. Perché il pericolo, in realtà, è proprio questo: che alla semplice provocazione, seguano presto atti concreti.