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Gli “angeli della morte” che non vorresti mai incontrare in una corsia d’ospedale

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“Angeli della morte” o “killer in corsia”. Sono questi alcuni dei modi con cui vengono chiamati quegli infermieri o quei medici accusati di essere i carnefici dei propri pazienti, tradendo i principi di Florence Nightingale, fondatrice dell’infermieristica moderna. A fare un approfondimento su questa tematica è l’Agenzia Agi, sottolineando che “non siamo ai livelli di casi indefinibili per l’orrore che suscitano, come quelli avvenuti in Germania – con infermieri accusati di aver ucciso decine di volte, come Waltraud Wagner, una giovane aiuto infermiera alla quale furono imputati 49 omicidi, oppure Niels Hogel, un infermiere 40enne, condannato a due ergastoli per aver commesso due omicidi e aver avuto un ruolo in altri quattro, che ha però ammesso di aver assassinato 43 pazienti, non ha escluso di averlo fatto con altri 53, negando comunque ogni responsabilità in cinque casi”.

La situazione in Italia

Come riporta l’Agi, in Italia “di medici-killer o di infermieri-killer ne abbiamo avuti diversi negli ultimi anni, mentre più di recente la lista si è fermata. O forse ancora non è stata aggiornata perché le indagini sono in questo caso ancor più complesse e difficili: si tratta di riuscire a capire, e non è agevole, se quel farmaco sia stato mortale in un paziente già malato – si legge nell’approfondimento -.  In Italia la cronologia più recente ci porta a Leonardo Cazzaniga e Laura Taroni: erano amanti, lui, vice primario del pronto soccorso dell’ospedale di Saronno, oggi 64enne, lei infermiera nello stesso nosocomio, oggi 44enne. Tra le vittime, in primo luogo il marito della Taroni, Massimo Guerra, poi anche la madre di lei, Maria Roita Clerici, e il suocero di lei e altre ancora a cui sarebbero state somministrate dosi letali di farmaci, secondo il cosiddetto ‘protocollo Cazzaniga’: un sovradosaggio, in rapida successione, di morfina e farmaci anestetici e sedativi applicato ai pazienti anziani affetti da diverse patologie che venivano ricoverati a Saronno. L’ex vice primario nel gennaio scorso e’ stato condannato all’ergastolo per 12 omicidi; lei, grazie al rito abbreviato, in precedenza e’ stata condannata a 30 anni di reclusione, pena confermata in appello. Per l’accusa, quelli di Cazzaniga erano deliri di onnipotenza. L’arresto dei due risale al 29 novembre 2016, nell’inchiesta ‘Angeli e Demoni’ condotta dalla procura di Busto Arsizio. Le indagini poi si amplieranno fino a ipotizzare 15 omicidi: dodici di pazienti in corsia e tre di familiari della donna. Le indagini erano partite nel 2014 dopo che un’infermiera del pronto soccorso si era presentata ai carabinieri raccontando del ‘protocollo Cazzaniga’. Medico e infermiera finiscono in carcere due anni dopo con l’accusa di omicidio volontario di quattro pazienti e del marito di lei, Massimo Guerra. L’uomo, possibile ostacolo alla relazione extraconiugale, muore il 30 giugno 2013 dopo essere stato indotto a credere di essere malato di diabete e quindi ‘finito’ con la stessa sequela di farmaci usati per i malati terminali. Gli inquirenti sequestrano e analizzano una cinquantina di cartelle cliniche, mentre arrivano altre segnalazioni di morti sospette. Nella chiusura delle indagini del 20 ottobre 2017, a Cazzaniga e Taroni vengono contestate altri casi di morti sospette, avvenute tra il 2011 e il 2013. Anche Maria Rita Clerici e Luciano Guerra, rispettivamente madre e suocero dell’infermiera, sarebbero stati uccisi dalla coppia. La prima, in apparenza in buone condizioni di salute, morì sul divano a casa della figlia, il 14 gennaio 2014. Non gradiva la relazione tra i due. Il suocero invece era morto il 20 ottobre 2013, dopo un ricovero lampo all’ospedale di Saronno: visitato alle otto del mattino, spirò quattro ore dopo”.

I casi degli ultimi anni

“Sonya Caleffi – Infermiera condannata il 14 dicembre 2007 in via definitiva a 20 anni di reclusione, per aver ucciso quando lavorava all’ospedale Manzoni di Lecco cinque pazienti con iniezioni di aria. Angelo Stazzi – E’ stato condannato all’ergastolo nel 2014. Era infermiere di Villa Alex, casa di riposo di Tivoli, e’ stato processato per aver somministrato dosi massicce di insulina a persone anziane che finivano così in coma ipoglicemico. Stazzi è stato anche condannato nel dicembre 2011 a 24 anni di carcere anche per la morte della collega (ed ex amante) Maria Teresa Dell’Unto, uccisa nel 2001 per un prestito non saldato. Alfonso De Martino – Ergastolo per “l’infermiere di Satana” per aver ucciso, fra il 1990 e il 1993, tre pazienti all’ospedale di San Giuseppe di Albano Laziale (Roma). La sua arma erano iniezioni di Pavulon, un farmaco a base di curaro. Antonio Busnelli – Nel ’93 l’infermiere è stato accusato di 28 omicidi al Fatebenefratelli di Milano. Per gli investigatori intascava le mance delle pompe funebri. Fausta Bonino – L’infermiera 56enne del reparto di rianimazione dell’ospedale di Piombino è stata arrestata il 31 marzo 2016 con l’accusa di aver ucciso tra il 2014 e il 2015 con iniezioni di eparina tredici ricoverati nell’unità operativa di anestesia e rianimazione. Sul banco degli imputati è salita per 10 decessi. E’ tornata in libertà dopo che la Procura di Livorno ha chiesto al gip la revoca della misura cautelare. In un successivo processo, la donna è stata condannata all’ergastolo per quattro degli episodi contestati, assolta per altri sei perchè il fatto non sussiste. Processo con rito abbreviato. La difesa ha sempre sostenuto l’impossibilità tecnica del coinvolgimento dell’infermiera e chiesto l’assoluzione per non aver commesso il fatto per 9 dei pazienti deceduti e in un caso perché il caso non sussiste. I decessi erano avvenuti per emorragie improvvise che, secondo le ipotesi degli inquirenti, sarebbero legate alla somministrazione di massicce dosi di eparina, anticoagulante. Daniela Poggiani – Il 7 luglio 2017 l’infermiera di Ravenna è stata assolta in Appello “perché’ il fatto non sussiste”, dopo che, nel marzo 2016, era stata condannata in primo grado all’ergastolo per alcune morti dubbie nell’ospedale di Lugo di Romagna dove lavorava. Ad insospettire gli inquirenti sono state alcune foto di lei sorridente, coi pollici alzati, vicino ai cadaveri dei pazienti. L’infermiera si era sempre detta innocente. Gli episodi sospetti una quarantina”.

Manuela Petrini: