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Fortuna, l’oscenità irrappresentabile del male

Logo Interris - OMICIDIO CAIVANO, TESTE 13ENNE: "E' STATO CAPUTO A UCCIDERE FORTUNA"

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L’impresa è mettere su pellicola la storia più indicibile: l’uccisione di una bimba, vittima di abusi irriferibili. “La tragedia della piccola Fortuna è un fatto di cronaca irrappresentabile, una storia talmente oscena da non poter essere raccontata”. Nicolangelo Gelormini, 42 anni, al suo primo lungometraggio con “Fortuna il film italiano in scena alla Festa del cinema e nelle sale entro la fine dell’anno, spiega la sua urgenza. E cioè fare chiarezza sulla tragedia della piccola Fortuna Loffredo, vittima innocente di un abisso di pedofilia e degrado, ha da subito scelto una strada precisa. “Il realismo sarebbe stata quella più semplice- osserva il regista-. Ma a trainare il film è stata la scelta di puntare a non raccontare nulla. Il cinema mi ha consentito di non mostrare e non parlare“.

La tragedia della piccola Fortuna

Girato in quattro settimane. Deliberatamente senza nessuna contatto preventivo con protagonisti e testimoni di quella tragedia. Il film è diviso di fatto in due atti. Che mostrano la doppia visione della bambina e il conseguente capovolgimento della realtà familiare. E sono spesso divise in due anche le inquadrature. “E’ la storia di un tradimento dei bambini da parte degli adulti. Ma attraverso la divisione in due atti anche lo spettatore viene tradito– evidenzia Gelormini-. Il cinema mi ha consentito di dare una seconda possibilità a questa bambina. E. per celebrarla, nonostante la distanza dalla realtà del progetto, le abbiamo dedicato il titolo“.

Orrore

Sottolinea il regista: “L’idea era quella di universalizzare la periferia. Raccontare le sacche in cui gli investimenti culturali non arrivano. Generando questi mostri. E l’idea del suono subliminale degli animali proposto dal film era quello di restituire l’ambiente bestiale. Dove la disciplina non arriva e in cui avvengono queste cose”. La pellicola separando la versione ragionata da quella istintiva “mostra che da soli logos e istinto non funzionano, falliscono”.

Gianluca Franco: