Una vicenda da film horror, durata 15 anni. Violenze e abusi di un inferno domestico al quale ha posto fine l’intervento del tribunale. A marzo, in pieno lockdown, una 40enne salernitana, rientrata dall’ospedale dopo una frattura provocata da una caduta, è stata cacciata di casa dal marito. Sola e senza un posto dove andare, riferisce il Mattino, si è rifugiata da una conoscente e ha sporto denuncia.
Un incubo di violenze
Ha subito per quindici anni violenze e soprusi. Un matrimonio divenuto un incubo per una 40enne di Buccino, in provincia di Salerno, che, finalmente, ha avuto il coraggio di denunciare. Il marito–padrone ogni giorno la picchiava davanti al figlio e la sequestrava in casa non permettendole neanche di aprire la finestra. La donna ora sta bene e non vedrà più il suo aguzzino, destinatario della misura del divieto di avvicinamento. E’ stata collocata insieme al bambino in una casa rifugio. Per effetto di un ordine di protezione emesso dalla prima sezione civile del tribunale di Salerno.
La procedura
La vittima di violenze domestiche, per ottenere una misura di protezione, deve ricorrere, anche personalmente, al tribunale del luogo in cui ha la propria residenza o domicilio. A seguito della presentazione del ricorso, il presidente del tribunale nomina il giudice a cui è affidata la trattazione della causa. Il giudice sente le parti, dispone eventuali indagini sui redditi, sul tenore di vita e sul patrimonio delle parti. E provvede con decreto motivato immediatamente esecutivo. In caso di urgenza, il giudice può emettere il decreto dopo avere assunto sommarie informazioni. E fissa successivamente l’udienza in cui devono essere presenti le parti e al termine della quale vi è la conferma, la modifica o la revoca dell’ordine di protezione. È possibile impugnare il decreto mediante reclamo al tribunale nel termine di dieci giorni dalla comunicazione o dalla notificazione del decreto stesso. Il tribunale provvede in camera di consiglio, in composizione collegiale. Dopo aver sentito le parti, con decreto motivato non impugnabile (nemmeno davanti alla Corte di Cassazione).