Il revenge porn è la “diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti” (art 612 ter cp): molte persone ne sono vittima, vedono distruggere la propria vita da questi contenuti fino a spingersi, in alcuni casi, a gesti estremi.
Ad un anno dall’entrata in vigore del Codice Rosso che prevede questo reato è possibile stilare un primo bilancio: sono 1.083 le inchieste aperte per revenge porn, di cui: 121 richieste di rinvio a giudizio 226 richieste di archiviazione 8 sentenze emesse, di cui: 2 condanne con rito abbreviato 3 patteggiamenti 1 condanna in Tribunale 2 proscioglimenti 3 processi conclusi in Tribunale, 13 ancora in corso.
I reati previsti dal Codice Rosso
Tra il 1° agosto 2019 e il 31 luglio 2020 (includendo quindi anche i mesi di lockdown), per i quattro nuovi reati introdotti dal Codice Rosso – violazione misure di protezione per le vittime, costrizione al matrimonio, revenge porn, sfregi permanenti – sono state aperte in tutto 3.932 indagini e, per quelle già concluse, in 686 casi è stata già formulata richiesta di rinvio a giudizio.
Sono inoltre 90 i processi che si sono già conclusi (65 in fase di udienza preliminare e altri 25 in Tribunale) e nel complesso sono già state inflitte 80 condanne (compresi i patteggiamenti e i decreti penali). Altri 120 processi sono in corso in fase di dibattimentale.
Il commento del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede
“Il dato corposo delle denunce e quello dei procedimenti già approdati alla condanna in primo grado – si legge nel Rapporto del Guardasigilli Alfonso Bonafede sulle nuove misure contro la violenza di genere – consentono di rilevare l’utilità concreta dell’approccio procedimentale, basato sulla corsia preferenziale dell’ascolto, e della introduzione dei nuovi reati. Il dato complessivo delle richieste di rinvio a giudizio appare significativo dell’opportunità dell’intervento normativo del Codice Rosso, in mancanza del quale le gravi condotte tipizzate non avrebbero avuto risposta adeguata”