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Più di New York, Londra e Madrid c’è Bergamo

I dati reali dei contagi da Coronavirus durante le prima ondata della pandemia e l'incapacità del sistema sanitario di intercettare gli asintomatici

Torniamo per un attimo indietro con la memoria e precisamente a maggio, quando l’Italia era considerata “l’untrice d’Europa” e il mondo stava vivendo la sua prima ondata di Coronavirus. 

Bergamo, epicentro della pandemia

In quei giorni il rumore delle sirene delle ambulanze riempiva il vuoto delle città deserte: al centro della pandemia c’era Bergamo. Più di New York, Londra e Madrid: nella prima fase della pandemia di Covid-19 l’area di Bergamo è stata una delle più colpite al mondo dal Coronavirus. E’ quanto emerge dalla ricerca condotta nel maggio scorso dall’Istituto “Mario Negri” di Bergamo e pubblicata sulla rivista EBioMedicine (gruppo The Lancet).    

I dati reali della prima ondata

L’altro dato importante che emerge riguarda l’altissimo numero di infezioni non rilevate allora dal Servizio Sanitario Nazionale: sono stati moltissimi gli asintomatici non individuati dai controlli. I dati indicano che è risultato positivo al virus il 38,5% dei 423 volontari sui quali in maggio sono stati eseguiti il tampone nasofaringeo per la ricerca delle particelle virali e due tipi di test sierologici per la ricerca degli anticorpi contro il virus SarsCoV2. Estendendo il dato alla provincia, si può ipotizzare che allora il 96% delle infezioni da Coronavirus non sia stato rilevato dal sistema sanitario. Di conseguenza, osservano i ricercatori, “Bergamo si profila come una delle aree più colpite al mondo, con una siero prevalenza che supera di gran lunga le stime di New York (19.9%), Londra (17.5%) e Madrid (11.3%).  

Il ruolo degli asintomatici

Secondo la ricerca, questo vuol dire “che i numeri reali sono 25 volte più alti di quelli ufficiali”, ma potrebbe non essere una brutta notizia.  La ricerca, prosegue, “ha la grande forza di avere stabilito il vero rapporto fra le persone infettate e quelle che si sospettava lo fossero”; inoltre non indica uno scenario così negativo considerando che “più si va avanti, più si avanza l’ipotesi che asintomatici potrebbero aiutarci ad arrivare alla fine dell’epidemia”. Una ricerca pubblicata sul British Medical Journal e un’altra in via di pubblicazione indicano infatti che il 20-40% delle persone che non hanno mai incontrato il virus hanno cellule immunitarie capaci di reagire contro il virus. “Si potrebbe quindi immaginare che gran parte degli asintomatici possano contribuire a un’immunità di popolazione insieme a mascherine e distanziamento sociale.

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