Dire tubino vuole dire Coco Chanel. È stata lei ad introdurlo nel mondo della moda. Era il 1926. Mademoiselle lo ha realizzato ricordando la sua infanzia povera dove il grembiule nero cancellava ogni disuguaglianza sociale. Il modello #817, così si chiamava quel tubino, riscosse un tale successo, tanto che il 1° ottobre del 1926 comparve per la prima volta su Vogue America. Quest’ultima lo definì: “l’abito che tutto il mondo porterà”. Per modernità, eleganza e praticità, venne paragonato all’ultimo modello di automobile della Ford. Da quel giorno, possiamo dire di essere grate a Chanel per aver inventato un abito, detto anche little black dress (LBD), così trasversale, adatto non solo per i periodi di lutto ma anche per il giorno e per serate formali. Dona ad ogni donna una silhouette elegante e risolve il classico dilemma femminile del “non ho nulla da mettermi”. Il trucco sta nell’impreziosirlo: perle per un look classico e formale, accessori colorati per un look un po’ più sbarazzino.
Il successo tra le star
Come dimenticare l’esordio sul grande schermo del tubino nero con “Colazione da Tiffany”. Nel celebre film l’abito venne realizzato per l’occasione da Hubert de Givenchy per l’iconica Audrey Hepburn. Edith Piaf lo adorava in versione esistenzialista, mentre Marilyn Monroe lo preferiva aderente e sinuoso.
In Italia, Anna Magnani lo ordinava in serie a Fernanda Gattinoni, mentre Monica Bellucci raramente rinuncia all’allure del tubino nero, specie se in pizzo e firmato da Dolce&Gabbana.
Il tubino viene sfoggiato in occasioni formali e sui red carpet. Difatti, poco prima del lockdown, alla notte degli Oscar lo hanno indossato Charlize Theron e Margot Robbie (rispettivamente di Dior e Chanel). Ellie Goulding ha scelto quello di Ellery per il party degli ultimi BAFTA.
Le “giovani cognate Windsor”, Kate Middleton e Meghan Markle, lo scelgono per le loro uscite, ufficiali e non.
La definizione di Miuccia Prada
Miuccia Prada, nel raccontare il tubino, dice: “progettare un piccolo abito nero, significa provare a esprimere attraverso un oggetto semplice e banale la grande complessità delle donne e dell’estetica contemporanea”.