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Marte, ecco le ultime scoperte del rover Perseverance

Tre articoli pubblicati su alcune riviste scientifiche hanno descritto i progressi degli studi in atto sul pianeta rosso

Una serie di articoli pubblicati sulle riviste Science e Science Advances, hanno riportato le nuove scoperte dell’indagine del rover Perseverance della NASA condotte all’interno del cratere Jezero ubicato sul pianeta Marte.

La tecnologia utilizzata

Il rover Perseverance, atterrato nel cratere Jezero, su Marte, nel febbraio 2021, costituisce il primo dei tre gruppi di ricerca, guidato dal California Institute of Technology di Pasadena e si è occupato delle implicazioni per la geochimica organica nei processi di alterazione acquosa nel suddetto cratere. In particolare, il primo gruppo, ha utilizzato lo strumento Scanning Habitable Environments with Raman and Luminescence for Organics and Chemicals (SHERLOC) per eseguire la spettroscopia Raman nell’ultravioletto profondo e la spettroscopia di fluorescenza di tre rocce all’interno del cratere. Hanno identificato le prove per due distinti ambienti acquatici antichi in tempi diversi. Le reazioni con acqua liquida hanno formato carbonati in una roccia ignea ricca di olivina. Hanno constatato come nelle rocce sia presente una miscela di solfato-perclorato, probabilmente formata da successive modificazioni delle rocce. Segni di fluorescenza coerenti con composti organici aromatici sono stati verificati in tutte queste rocce, conservate in minerali legati a entrambi gli ambienti acquosi.

Le scoperte del secondo gruppo

Il secondo gruppo invece, condotto dalla Arizona State University, si è concentrato sull’imaging geologico, multispettrale e meteorologico. Lo strumento Mastcam-Z di Perseverance ha fornito immagini stereo e multispettrali ad alta risoluzione con una combinazione unica di risoluzione spaziale, copertura spaziale e copertura della lunghezza d’onda lungo la traversata del rover nel cratere Jezero. Le immagini hanno rivelato rocce coerenti con un’origine ignea ossia inclusa vulcanica e/o vulcanoclastica e/o da impatto e limitata alterazione acquosa, comprese rocce fratturate poligonalmente con rivestimenti alterati, un massiccio substrato roccioso formato da silicati mafici, ossidi ferrici e/o minerali di alterazione contenenti ferro e affioramenti a strati grossolani dominati dall’olivina. L’imaging stereo ad alta risoluzione ha fornito anche un contesto geologico per le operazioni del rover, le osservazioni di altri strumenti, la selezione, la caratterizzazione e la conferma dei campioni.

Le azioni del terzo gruppo

Il terzo gruppo, guidato dalla Texas A&M University, ha dedotto la storia dell’alterazione delle rocce della formazione Sèitah dalla fluorescenza a raggi X, dalla diffrazione dei raggi X e dall’imaging multispettrale. Le dimensioni dei cristalli collocati e le identità minerali sono fondamentali per interpretare le relazioni strutturali nelle rocce e testare ipotesi geologiche, ma in precedenza era impossibile limitare in modo inequivocabile queste proprietà utilizzando strumenti in situ sui rover marziani. I raggi X diffratti e fluorescenti rilevati dallo strumento PIXL (un microscopio a fluorescenza a raggi X sul rover Perseverance) hanno fornito informazioni sulla presenza o l’assenza di domini cristallini coerenti in vari minerali. L’analisi a raggi X e l’imaging multispettrale delle rocce della formazione Sèitah sul fondo del cratere Jezero mostrano che erano collocate come fasi ignee grossolanamente cristalline. I grani di olivina sono stati quindi parzialmente dissolti e riempiti da minerali secondari di silicato, carbonato, solfato e cloruro/ossicloruro finemente cristallini o amorfi. Questi risultati supportano l’ipotesi che le rocce della formazione Sèi’tah rappresentino cumuli di olivina alterati da fluidi lontani dall’equilibrio chimico a bassi rapporti acqua-roccia.

Fonte: Agi

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