Sono presenti nei giardini zoologici e, dove è consentito dalla legislazione locale, nei circhi. Ma tra qualche tempo gli elefanti potrebbero popolare anche le campagne europee. La rivista della Royal Society, tra le più antiche e prestigiose associazioni scientifiche britanniche, dedica un articolo al tema della reintroduzione di specie selvatiche come mezzo per combattere il riscaldamento globale. Un metodo più noto sotto il nome di “ré -auvage” secondo cui “si stanno accumulando prove per dimostrare che la perdita globale di fauna selvatica, o 'defaunazione', coinvolge non solo la perdita degli animali autoctoni ma anche le funzioni che soddisfacevano negli ecosistemi“.
A cosa servono i grandi mammiferi in Europa
Di qui la proposta – da parte dei ricercatori olandesi Elisabeth Bakker e Jens-Christian Svenning, come rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” – di reintrodurre grandi mammiferi sui territori in cui sono scomparsi. L'idea sembra prendere piede: uno studio australiano pubblicato sulla stessa rivista ha descritto lo scorso ottobre l'impatto positivo di questi animali nel ridurre gli incendi durante le siccità e ondate di calore. Infatti, nelle aree spopolate da alcuni erbivori, gli scienziati hanno notato un aumento della superficie calcinata. L'assenza di questi animali ha cambiato il paesaggio e la sua regolazione naturale: gli erbivori pascolano e riducono il combustibile che consente alle fiamme di diffondersi.
L'esempio siberiano
“Condurre animali di grossa taglia che sono responsabili della stabilizzazione degli ecosistemi e del sostegno della biodiversità lascia gli stessi animali a riparare i processi ecologici, specialmente negli ecosistemi che sono stati degradati dalle estinzioni di specie passate”, dice il prof. Christopher Johnson, co-autore dello studio, che considera “audace e coraggiosa” la reintroduzione di “ippopotami ed elefanti” in Europa. Un'iniziativa ambiziosa ha dato i suoi frutti nella tundra russa in Estremo Oriente. Il parco del Pleistocene (Siberia), un tempo abitato da mammut a perdita d'occhio, ha reintrodotto mandrie di alci, alci, renne, cavalli e bisonti con risultati molto incoraggianti.
Quando a Roma c'erano gli elefanti
La presenza di elefanti in Europa in un passato remoto è testimoniata dagli scavi archeologici. Nel quartiere di Rebibbia, periferia Est di Roma, nel 1981 dei lavori di urbanizzazione hanno portato alla luce il letto di un corso d’acqua di 200mila anni fa. Tra massi arrotondati e ghiaia sono stati trovati migliaia di reperti. Oggi vi sorge il Museo di Casal de’ Pazzi, che abbraccia la zona degli scavi. “Vicino a questo fiume c'era tanta vita, anche se un po' diversa da quella che possiamo immaginare nella campagna romana – spiega a RaiNews la responsabile, Patrizia Gioia – C'erano elefanti con zanne lunghe quattro metri, ippopotami, rinoceronti, iene, grandi buoi. C'erano anche gruppi di uomini di Neanderthal, che avevano una profonda conoscenza della natura e dell'ambiente che li circondava”.