Secondo uno studio pubblicato dai ricercatori dell’Università di Stellenbosch in Sudafrica in sinergia con l’unità Synthesis Centre del German Centre for Integrative Biodiversity Research sulla rivista Science Advances, circa 175 mila specie di piante da fiore al mondo, ossia circa la metà del totale, fanno affidamento principalmente o completamente agli impollinatori animali per produrre i semi e di conseguenza riprodursi; quindi, il declino vedi impollinatori potrebbe causare gravi danni agli ecosistemi naturali, tra cui anche la perdita di biodiversità.
Quali sono gli insetti impollinatori
Gli impollinatori, conosciuti anche come insetti pronubi, grazie al polline che trasportano tra un fiore e l’altro consentono la fecondazione e la formazione dei frutti. I principali sono gli Imenotteri, tra cui si annoverano le api ma anche i bombi, le formiche impollinatrici e le vespe, ci sono poi le farfalle – dette anche lepidotteri, i ditteri, i rincoti, i coleotteri, i tisanotteri e gli ortotteri.
Il risultato dello studio
Questo studio ha messo in evidenza che, in assenza di impollinatori, un terzo delle piante che producono fiori non produrrebbero più semi, mentre invece – circa la metà delle stesse – avrebbe una riduzione dell’80% della fertilità. A tal proposito gli studiosi sottolineano che, qualora questo accadesse, molte piante agirebbero per autoimpollinazione, la quale risulterebbe molto meno efficiente e ridurrebbe ulteriormente la biodiversità.
I fronti su cui è necessario intervenire
I ricercatori hanno evidenziato la necessità di intervenire tempestivamente attraverso la costruzione di strutture di monitoraggio, soprattutto in quelle aree molto ampie dove, allo stato attuale, non esistono sistemi per rilevare la presenza di impollinatori o dell’andamento della fioritura delle piante e successivamente sparare leggi a tutela di questi insetti che limitino l’uso di sostanze nocive.