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Il successo delle scarpe nate dalla plastica oceanica

Ne venderemo un milione nel 2017″: con questo obiettivo l'azienda Adidas e l'associazione ambientalista Parley for the Oceans avevano avviato l'ambizioso progetto delle “Parley”, le scarpe riportanti il marchio del gigante tedesco dell'abbigliamento ottenute per il 95% con plastica riciclata raccolta dalle acque dell'oceano (perlopiù quello Indiano, visto che buona parte è stata recuperata alle Maldive) e per il 5% da altri materiali, comunque riciclati. E, un anno dopo, ecco che entrambe si ritrovano a fre i conti, scoprendo di aver polverizzato quanto previsto nell'aprile 2016: la cifra tonda è stata infatti raggiunta ben prima che la circolazione nei negozi delle Parley toccasse i dodici mesi. A comunicarlo, in un'intervista alla Cnbc, è stato il Ceo del brand, Kasper Rorsted.

Le Parley

Le Adidas Parley (nome completo UltraBOOST Uncaged Parley), sono ottenute dai materiali di scarto raccolti negli oceani, veri e propri rifiuti, almeno per il 95%. Ovviamente, nulla che vada a inficiare sulla qualità del prodotto o sul design, comunque corrispondente allo stile e alla tenuta del marchio di produzione. La vera novità di questi modelli, però, non riguardava solo l'impiego dei rifiuti dei nostri mari per la loro creazione, quanto più il loro ruolo di apripista per un futuro produttivo nel quale eliminare la plastica vergine nel processo di produzione e distribuzione. Anche per questo, almeno inizialmente, le Parley sono state immesse sul mercato in tiratura limitata (7 mila paia).

Oceani da salvare

Nel giugno scorso, durante la Giornata mondiale degli Oceani è stata avviata una nuova collezione, comprensiva di tre modelli: UltraBOOST, UltraBOOST X e UltraBOOST Uncaged, tutte in colorazione bianca. Una scelta non casuale, in quanto l'accoppiata Adidas-Parley voleva mettere in risalto il dramma ecologico dello sbiancamento dei coralli, oltre che il simbolo della speranza per un mondo finalmente libero dall'inquinamento oceanico: “Nessuno salva gli oceani da solo – aveva detto Cyrill Gutsch, fondatrice di PftO -. Ognuno di noi può avere un ruolo nella risoluzione del problema. E' compito delle industrie creative reinventare i materiali, i prodotti, i modelli di business. Il consumatore può aumentare la domanda in linea con il cambiamento”.

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