La tavola periodica compie 150 anni. Era infatti il 1869 quando il chimico russo Dmitrij Ivanovic Mendeleev presentò la prima versione della tavola degli elementi, lo schema con cui sono ordinati gli elementi chimici sulla base del loro numero atomico (Z) e del numero di elettroni presenti negli orbitali atomici.
Nel 1871 Mendeleev pubblicò una forma aggiornata della tavola periodica, lasciando degli spazi vuoti per elementi non ancora scoperti ma che “sarebbero dovuti esistere”. E infatti esistevano: con il passare del tempo i vuoti furono riempiti in sequenza quando i chimici scoprirono nuovi elementi reperibili in natura quali, per esempio, i “gas nobili”, che da soli fecero aggiungere un nuovo gruppo, l'ottavo, posto in una colonna a destra delle sette indicate da Mendeleev.
Tavola Periodica dell'Abbondanza
Oggi la tavola non ha perso la sua attualità. Ma l'elenco degli elemeti presenti in natura si evolve a seconda della sensibilità ecologista contemporanea. E' in tale visione che l'EuChems (European Chemical Society) ha accolto la proposta di un ricercatore italiano, Nicola Armaroli, di creare la prima “Tavola Periodica dell'Abbondanza”. È stato lo stesso autore su Agi a spiegarne le caratteristiche: “Si tratta di una tavola periodica un po’ particolare. Non ci sono numeri, elettroni, livelli, orbitali, pesi atomici, ma un solo dato: la quantità di risorse. Viviamo in una società che ha una intensificazione della dimensione materiale straordinaria e preoccupante. C’è quindi una certa urgenza di allargare la visione della tavola ai temi sempre più attuali delle risorse e della sostenibilità ambientale”.
All'interno di questa mappa i 90 elementi principali sono infatti distinti per aree e colore in base a due soli parametri fondamentali: la quantità relativa ancora disponibile tra le risorse e il rischio di esaurimento. Un promemoria nato per sensibilizzare l'opinione pubblica sulla limitatezza delle riserve mondiali di alcuni elementi in esaurimento, come l'argento, o presenti in piccolissime quantità, come l’indio (In), un elemento che fino a 30 anni fa sembrava inutile, ma poi si è scoperto essere indispensabile per la produzione di schermi ad alta definizione e touch screen. L'unica via d'uscita, secondo Armaroli: “il riciclo”.