Nuovo (ed ennesimo) allarme per lo scioglimento dei ghiacci nel Pianeta. Secondo una ricerca del Centro Internazionale per lo sviluppo integrato della montagna (Icimod), almeno un terzo dei ghiacciai dell'Himalaya è destinato a sparire entro il 2100. Questo, e qui sta il brutto, anche se si riuscisse a mantenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi dai livelli pre-industriali. Le cose inoltre peggiorerebbero se non si riuscisse neppure a non far aumentre ulteriormente il caldo. In questo caso, vale a dire se le emissioni di gas serra non dovessero venire tagliate, spariranno due terzi dei ghiacciai himalayani.
Il tetto del mondo
L'Himalaya è un sistema montuoso dell'Asia centrale, il cui nome significa “dimora delle nevi”, che si innalza a settentrione del bassopiano Indo-gangetico e a meridione dell'altopiano del Tibet e che forma un gigantesco arco di 2200 km. Comprende le vette più alte del Pianeta, dieci delle quali superano gli 8mila metri di altitudine rispetto al livello del mare. Tra i ghiacciai principali ci sono Zemu, Gangotri e Kanchenjunga. Il limite delle nevi permanenti si aggira sui 4000-6000 m s.m., mentre i ghiacciai più bassi arrivano a toccare i 2000-3000 m s.m. di quota.
Lo studio
Lo studio dell'Icimod – che ha coinvolto più di 300 scienziati per 5 anni – ha evidenziato anche come, rispetto al 1970, sia già sparito da quella zona il 15% dei ghiacciai. Le conseguenze ambientali dello scioglimento di queste nevi perenni riguarderebbero quasi due miliardi di persone: i 250 milioni che contano su queste masse di ghiaccio per il loro approvvigionamento idrico, e il miliardo e 650 milioni che vivono sui grandi fiumi di India, Pakistan e Cina che nascono dall'Himalaya. Questi ultimi vedrebbero prima aumentare il flusso dei fiumi, col rischio di allagamenti, poi ridursi drammaticamente la portata dell'acqua con danni per l'irrigazione delle colture e conseguente possibile carestia.