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Dal Dna gli identikit del futuro

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In futuro gli identikit potranno essere realizzati a partire dal Dna. E questo grazie alla scoperta, effettuata da un gruppo di ricercatori dell'Università Cattolica di Lovanio, in Belgio, guidato da Peter Claes, di altri 15 geni-scultore che modellano il viso. Secondo lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Genetics, questa scoperta potrebbe aiutare non solo a tracciare gli identikit del futuro, basati sull'analisi del Dna, ma anche a ricostruire i volti dei personaggi del passato, o potrà aiutare a ricostruire un volto sfigurato.

Lo studio

Come riporta l'Ansa, nella ricerca ogni volto è stato suddiviso in piccole sezioni. Gli studiosi sono andati in cerca dei geni corrispondenti e, alla fine, sono riusciti ad individuare 15 geni, 7 dei quali collegati al naso. Questa, secondo i ricercatori, è una buona notizia perché, commenta Claes “il cranio non contiene alcuna traccia del naso, che consiste solo di tessuto molle e cartilagine”. Quindi in futuro “potrebbe diventare più facile determinare la forma del naso” a partire da un teschio, avendo il Dna come “guida”.

A caccia di geni

Da tempo gli studiosi sono a caccia dei geni associati al viso e alcuni erano già stati individuati, ma è una ricerca complessa. “In passato – afferma Seth Weinberg, uno dei ricercatori – gli scienziati hanno selezionato caratteristiche specifiche, come la distanza tra gli occhi, e cercato i geni associati”. Ma in questo modo, ha osservato, “i risultati sono limitati, perché viene selezionata solo una serie di caratteristiche“. Adesso è stato adottato un approccio diverso, basato su una banca dati con immagini 3D di alcuni volti e il corrispondente Dna degli individui. 

La ricerca continua

Cosa faranno adesso i ricercatori? Lo studio continuerà. L'ombiettivo è identificare altri geni scultori del volto, utilizzando banche dati ancora più grandi. Secondo Claes, questa tecnica potrebbe avere anche altre applicazioni in ambito medico: “Con lo stesso metodo potremmo anche cercare geni associati a malattie come l'Alzheimer, analizzando le scansioni del cervello e il Dna del paziente”, conclude.

Laura Boazzelli: