L’11 aprile del 1970 partì l’Apollo 13, un sogno diventato realtà, ma che dopo pochi giorni si tramutò in tragedia. Erano le 21.08 del 13 aprile 1970, quando l’astronauta Jack Swigert, membro dell’equipaggio dell’Apollo 13, comunica al quartier generale della Nasa: “Okay Houston, abbiamo avuto un problema, qui”. Otto secondi più tardi, il Controllo Missione a Houston risponde “This is Houston. Say again, please.” (“Qui Houston, ripetere prego”). Passano altri sette secondi. Questa volta a parlare è il comandante Lovell: “Houston, we’ve had a problem” (“Houston, abbiamo avuto un problema”) e inizia a spiegare i dettagli tecnici dell’avaria. Un’esplosione a bordo coinvolge la navicella facendole perdere rapidamente ossigeno. Il lancio non era stato perfetto per un problema al motore del secondo stadio, che venne rapidamente risolto. Lo stesso problema vero si verificò due giorni più tardi, quando si guastò il sistema elettrico di uno dei serbatoi di ossigeno del modulo di servizio.
L’inizio della fine
Non restava che abbandonare l’obiettivo della Luna. Il centro di controllo della Nasa insieme a Houston decise per un passaggio attorno alla Luna per dare spinta alla navetta e farle prendere rotta verso la Terra con una traiettoria di ritorno libero. Intanto gli astronauti si erano trasferiti nel modulo lunare che, agganciato a quello di comando, era diventato una scialuppa di salvataggio. Non appena l’Apollo 13 si avvicinò alla Terra, l’equipaggio abbandonò il modulo di servizio e i tre uomini si trasferirono nel modulo principale, che ammarò nel Pacifico. Era il 17 aprile 1970.
Cos’è cambiato in questi 50 anni
Oggi il rapporto tra uomo e tecnologia è ancora al centro di infinite discussioni, l’uomo si sente invincibile, niente e nulla può distruggere le sue sicurezze ma non sempre tutto va come si prevede, l’Apollo 13 ne fu un esempio. Anche oggi, durante questo periodo buio, in cui si sta affrontando la minaccia più grande alla salute, dall’inizio del nuovo millennio l’uomo, ancora, sembra non riuscire a trovare una soluzione. Cos’è cambiato nel corso degli ultimi decenni, la tecnologia oggi quanto influisce nella nostra vita e come la cambia? Interris.it ne ha parlato con il sociologo Maurizio Fiasco, esperto della Consulta Nazionale Antiusura Giovanni Paolo II e docente su Sicurezza Pubblica e Gioco d’azzardo.
Come si vive il tempo oggi?
“Il tempo che prima era parcellizzato, ormai per già più di un mese ci è stata restituito forzatamente. Tempo e progresso sono due concetti, due dimensioni mentali nelle quali noi abbiamo la percezione dell’esistenza di cui il secondo è strumento del primo. Il tempo è afinalistico, è dedicato alla persona e serve ad elaborare dei pensieri in profondità. Prima era occupato dal tempo strumentale, dal tempo finalizzato per lo più non a grandi ideali o a grandi progetti, ma un tempo finalizzato a essere noi contemporanei l’appendice della tecnologia”.
Alla luce della pandemia, qual è il rapporto dell’uomo con la tecnologia?
“La tecnologia ha invertito il rapporto mezzi fini, la tecnologia che dovrebbe essere un mezzo è diventato un fine e la tecnologia ha disciplinato i nostri mezzi di vita arrivando a scandire gli spazi dove noi svolgiamo le varie funzioni e dove noi sempre meno siamo in rapporto con le nostre individualità. Queste settimane ci hanno restituito la dimensione del tempo come un a priori. Tutto ciò che noi pensiamo è nel tempo e nello spazio, lo spazio viene promesso come uno spazio infinitamente a disposizione, ora è circoscritto alle nostre mura domestiche”.
Quale può essere la nuova luna per l’uomo oggi?
“In questo momento credo che il desiderio più grande sia allontanare il più possibile il ritorno dello spettro della pandemia e della minaccia alla salute. Il è paradossale. Se in una situazione di normalità, si facesse un sondaggio, chiedendo in ordine di importanza cosa conta di più nella vita, troveremmo che la vita sta in fondo tra le priorità delle persone. Ciò dimostrerebbe che quando noi non stiamo vivendo un impatto diretto con un problema di salute la salute va in fondo, mentre da un punto di vista oggettivo è la priorità delle priorità. Ma non lo è perché se fosse in testa alle priorità non ci sarebbero 14 milioni di persone che fumano e 84 mila morti all’anno per tumori ai polmoni causati dal tabagismo”.
Cosa rimarrà in futuro di questi giorni?
“Quando finirà tutto questo o ci saranno delle narrazioni di valore pedagogico di massa oppure gli interessi a tornare come prima, a fumare, a dissipare, a tornare a bruciare petrolio prevarranno e sarà come se questa parentesi non ci fosse stata fino al prossimo appuntamento”.