Inchieste scottanti e mondi nascosti rivelati al grande pubblico: ai Pulitzer del 2018 trionfano i grandi quotidiani americani. Il 'New York Times' e il 'New Yorker' si aggiudicano il prestigioso riconoscimento per gli articoli che hanno contribuito a portare alla luce il caso Weinstein e il “dietro le quinte” di parte del mondo della produzione hollywoodiana. Un'inchiesta che, di fatto, ha detronizzato il “re Mida” degli Studios e fatto da forza motrice al movimento #MeToo, nel quale numerosissime donne del cinema e dello spettacolo hanno convogliato le loro forze per denunciare chi agisce, forte della propria posizione, per perseguire scopi deprecabili a danno del sesso femminile. Il premio per il “Giornalismo di servizio pubblico” è andato, per tale inchiesta, ai reporter Ronan Farrow del 'New Yorker' (figlio di Woody Allen e autore dell'ormai nota intervista ad Asia Argento che ha avviato il sexgate) e ai cronisti del 'Nyt' Jodi Kantor e Megan Twohey.
Nyt e Wp
I giornalisti premiati, ha detto l'amministratrice dei Pulitzer Dana Canedy, “mostrano la forza giornalismo Usa durante un periodo di crescenti attacchi”. Un riferimento anche al 'Washington Post' e ai suoi cronisti che, negli ultimi mesi, sono entrati in rotta di collisione addirittura con la Casa Bianca in riferimento all'indagine sul Russiagate, d cui molti scoop sono stati lanciati proprio dalle pagine del quotidiano della capitale. Al 'Wp' è andato il premio per il Giornalismo d'inchiesta proprio in relazione al Russiagate e a tutti i correlati delle presunte interferenze russe durante le presidenziali del 2016 ma anche per la vicenda che ha coinvolto il candidato senatore dell'Alabama Roy Moore. Al 'Nyt' e al 'Wp' va quindi il premio per il National reporting, mentre l'International se lo è aggiudicato il trio Baldwin, Marshall e Mogato per Reuters. Alla nota agenzia britannica anche la Miglior fotografia, premio assegnato al suo staff di fotoreporter.
Lamar conquista la Musica
Per la sezione musica, non senza qualche sorpresa, il riconoscimento è andato a Kendrick Lamar, rapper, autore dell'album 'Damn': “E' una virtuosistica raccolta di canzoni – ha detto la direttrice Canedy – unificata dall’autenticità del suo gergo e dal dinamismo ritmico che catturano la complessità della vita moderna afroamericana”. Il 30enne californiano è salito agli onori della cronaca in quanto autore della colonna sonora del film “Black Panther” la quale, di fatto, lo ha elevato a icona della comunità afroamericana.