Il suo incipit dalla tragedia del Vajont è diventato leggenda: “Scrivo da un paese che non c'è più“. Giampaolo Pansa era appena arrivato nel punto in cui la diga crollata aveva cancellato ogni traccia di vita nel raggio di chilometri. Il giornalista piemontese, scomparso a Roma a 84 anni, si era formato in quella straordinaria fucina di talenti che fu La Stampa di Giulio De Benedetti poi ha raccontato meglio di chiunque altro la lunga e travagliata Prima Repubblica, passando attraverso gli anni di piombo e gli scoop su piazza Fontana. E' stato vicedirettore di Repubblica e condirettore dell'Espresso e,da scrittore impareggiabile e storico scrupoloso, ha avuto il coraggio di raccontare le ombre della Resistenza. Un gigante del giornalismo dell'ultimo mezzo secolo. Nato a Casale Monferrato aveva iniziato l’attività giornalistica nel 1961, collaborando con vari quotidiani italiani. Vicedirettore della Repubblica dal 1978 al 1991, nel 1991 è divenuto condirettore del settimanale L’Espresso. Ha poi scritto per Il Riformista, Libero e La Verità, ricostruisce Treccani.it.
Saggista e romanziere prolifico
Autore di saggi e romanzi sulle vicende storiche del periodo della guerra di liberazione (Viva l’Italia libera, 1963; Guerra partigiana tra Genova e il Po, 1967; L’esercito di Salò, 1969; Ma l’amore no, 1994; Il sangue dei vinti, 2003, Sconosciuto 1945, 2005; La grande bugia, 2006; I vinti non dimenticano, 2010), ha altresì dedicato numerose pubblicazioni ad alcuni dei fenomeni più significativi delle vicende politiche italiane degli ultimi decenni. Tra le sue opere più recenti: il romanzo Natale a Is Arenas (2010); Poco o niente. Eravamo poveri. Torneremo poveri (2011); Tipi sinistri. I gironi infernali della casta rossa e La guerra sporca dei partigiani e dei fascisti, entrambi del 2012; nel 2013, La Repubblica di Barbapapà. Storia irriverente di un partito invisibile e Sangue, sesso, soldi; Bella ciao. Controstoria della Resistenza e Eia eia alalà. Controstoria del fascismo (2014); La destra siamo noi. Una controstoria italiana da Scelba a Salvini e L'Italiaccia senza pace. Misteri, amori e delitti del dopoguerra (2015); nel 2016, Il rompiscatole. L'Italia raccontata da un ragazzo del '35 e Vecchi, folli e ribelli; nel 2017, L' Italia non c'è più. Come eravamo, come siamo e Il mio viaggio tra i vinti. Neri, bianchi e rossi; entrambi nel 2018, Uccidete il comandante bianco. Un mistero nella Resistenza e La “Repubblichina”; nel 2019, Quel fascista di Pansa e Il dittatore.
Lo strappo
Il cronista che aveva scritto per tutti i grandi quotidiani e settimanali, dalla “Stampa” al “Giorno”, dal “Corriere della Sera” alla “Repubblica”, da “Panorama» all’”Espresso”, diventando una delle icone del giornalismo impegnato e di sinistra, stupì dunque nel 2003 con Il saggio “Il sangue dei vinti“. Fu accusato di aver scritto quel libro per calcolo economico, per compiacere Berlusconi che gli avrebbe promesso importanti incarichi editoriali, di aver utilizzato materiale di seconda mano e di aver raccontato storie già conosciute, di aver romanzato la realtà. Infine di essere uno dei capofila del “rovescismo”, forma estrema di revisionismo. “In realtà Pansa diede soltanto voce alle sofferenze di quella parte di italiane e italiani che avevano combattuto dalla parte sbagliata, spesso in buona fede, ai quali era stato negato anche il diritto al ricordo- osserva il Corriere-.Così furono “i vinti” (o i loro figli), su cui a lungo si era taciuto, a decretare il successo di Pansa. E gli acerrimi nemici contribuirono a far lievitare le tirature, trasformando un libro appassionato e onesto in un clamoroso caso politico-editoriale”.