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WhatsApp, così in chat i ragazzini diventavano mostri

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Video di abusi su minori e neonati, filmati di estrema violenza, insulti razzisti ed inni a Hitler e Mussolini. Girava di tutto su una chat WhatsApp intitolata “The Shoah Party” ora al vaglio della Procura di Firenze: immagini di “una violenza inauduta” e “brutalità inenarrabile” secondo gli investigatori. Ma a rendere il caso ancora più sconvolgente è l'età dei membri: tutti studenti tra i 15 e i 19 anni di buona famiglia, 6 addirittura poco più che bambini, quasi tutti tredicenni. In totale, sono ventisei gli indagati da parte della Procura di Firenze, tra cui il padre e la sorella di un amministratore del gruppo ai quali sono intestate le schede del cellulare. 

Contenuti raccapriccianti

Si celebravano le dittature del secolo scorso nel gruppo degli orrori, mentre i partecipanti invocavano un ritorno ai regimi totalitaristi, dal nazismo al fondamentalismo islamico. C'è chi pubblicava video pedo-pornografici seguiti da tanti like. I messaggi raccapriccianti sono molteplici, come riporta il Corriere della Sera: c'è chi inneggia a Osama bin Laden dopo un video delle Torri Gemelle, chi insulta ebrei, migranti e omosessuali; non mancano messaggi blasfemi, come un Cristo messo in croce su una svastica. Leggendo i messaggi è difficile credere che gli autori siano ragazzini, ma piuttosto carnefici senza pietà: c'è chi insulta dei bambini di colore che bevono da una pozzanghera, chi derisione la foto un bambino malato di cancro. A scoprire la chat e denunciarla è stata la madre di uno dei ragazzini: il nucleo investigativo ha, così, messo sotto sequestro circa cento dispositivi tra telefonini, smartphone e chiavette usb.

Indagini in tutta Italia

Partita da Siena, l'indagine ha avuto ramificazioni ovunque nel Paese, dal Piemonte alla Campania, 25 perquisizioni in totale. Stando alle indagini, sono oltre 300 i ragazzini che hanno avuto accesso a quei contenuti tramite Instagram. In provincia di Torino, invece sono sette le famiglie con figli coinvolti, fra cui un uomo di 44 anni intestatario della scheda: “Ho chiesto a mio figlio perché non gli fosse venuto il dubbio che c'era qualcosa di sbagliato in quello che stava facendo. Non è riuscito a spiegarmelo” ha dichiarato l'uomo al Corriere della Sera. Per loro, inizierà un percorso di assistenza psicologica, affinché la consapevolezza dell'orrore possa redimere questi giovani sulla soglia della maggiore età.

Marco Grieco: