Renato Vallanzasca parla di Marco Pantani: l’ex capo della mala milanese, è stato sentito come teste dai carabinieri, nell’ambito delle indagini sulla morte del celebre ciclista. Il “Bel Renè” aveva infatti dichiarato di essere venuto a conoscenza, in carcere, di voci riguardanti un presunto complotto ordito ai danni del “pirata”.
Un piano organizzato contro Pantani relativo ai controlli sul sangue a Madonna di Campiglio, sarebbe stato svelato da un detenuto affiliato alla camorra all’ex capo della mala milanese. In una lettera alla mamma di Pantani e in un libro sulla sua vita, Vallanzasca ha riferito che un ergastolano l’avrebbe avvicinato per dirgli: “Non so come, ma il pelatino non finisce la gara”. Dopo il 5 giugno 1999, giorno della squalifica del ciclista, la stessa persona sarebbe tornata dal criminale per ribadire: “Hai sentito? Il pelatino è stato fatto fuori, squalificato”. All’epoca dei fatti, l’ex boss della Comasina era ergastolano a Opera: il detenuto affiliato alle cosche gli avrebbe anche consigliato di puntare dei soldi sui rivali di Pantani al Giro, precisando: “Non mi permetterei mai di darti una storta”.
Secondo i legali della famiglia Pantani, il Pirata sarebbe stato messo dunque in condizioni di essere squalificato, con l’alterazione del sangue per fare risultare l’ematocrito a 51,9, quasi due punti sopra il limite massimo di 50: negli stessi giorni, a Cesenatico, mentre si correva l’undicesima tappa, il Pirata sarebbe stato minacciato di morte da chi aveva interesse a che non finisse la gara. Al momento però, precisano gli investigatori dei carabinieri, la testimonianza di Vallanzasca sarebbe solo “un atto dovuto”, dopo la riapertura dell’inchiesta sul caso del ciclista: dietro la fine di Pantani, infatti, ci potrebbe essere anche l’ombra della camorra e delle scommesse sul Giro d’Italia.