Il 3 agosto del 2013 in California Alice Gruppioni fu investita da un auto mentre era in viaggio di nozze. Oggi Nathan Campbell è stato giudicato colpevole di omicidio di secondo grado, è questa la sentenza finale del tribunale di Los Angeles contro il 39enne descritto come “un vagabondo pregiudicato del Colorado, drogato e alcolizzato”.
Secondo l’accusa, Campbell era infuriato per un malaffare con il suo spacciatore. Aveva pagato 35 dollari per comprare metanfetamine per sé e un amico, ma il venditore era sparito con i soldi. Per la rabbia l’uomo era entrato con la sua auto sul celebre lungomare e aveva investito volontariamente pedoni e ambulanti. “Diglielo, ci passo sopra a quelli lì”, aveva detto a un clochard prima di salire in macchina.
Oltre alla vittima italiana, 17 persone erano rimaste ferite. La difesa di Campbell aveva fin’ora puntato sul fatto che il giovane non avesse intenzione di investire i passanti. Alice Gruppioni, era una dirigente del gruppo Sira di Pianoro e figlia del manager della stessa azienda Valerio Gruppioni, già vicepresidente del Bologna. Si era sposata poche settimane prima con Christian Casadei, architetto di Cesena, e si trovava a Venice Beach per la luna di miele.
Il 3 agosto era il loro ultimo giorno negli Stati Uniti quando l’auto a folle velocità la investì, trascinando la ragazza sul cofano per un centinaio di metri fino alla caduta a terra dove sbattendo la testa riportò un trauma cranico fatale. Campbell era fuggito, ma si era arreso alla polizia due ore dopo a Santa Monica. La famiglia Gruppioni aveva intentato una causa civile contro la contea di Venice Beach, accusandola di non aver protetto adeguatamente il marciapiede del lungomare dalle intrusioni di veicoli.