L’America è un paese strano, paradossale. E se ciò che predica – sia dentro che fuori dai propri confini – è sempre il bene, il modo in cui poi “razzola” appare a volte sconcertante. Emma Sulkowicz è una studentessa della Columbia University e due anni fa, nella prima notte di campus, è stata violentata da un suo compagno di classe. L’accaduto l’ha spaventata e traumatizzata, ma lei ha scelto di non rimanere in silenzio: fin dal giorno successivo alla violenza, infatti, la ragazza ha provato a denunciare all’università l’abuso subito, insistendo perché il collega universitario fosse espulso dal college o comunque processato. Questo non è mai avvenuto e lei, per non cessare la sua protesta, ha deciso di portarsi in giro il materasso su cui è stata violentata.
“Finché il mio stupratore sarà libero – ha detto al New York Times – io andrò in giro con il mio materasso”. La ragazza ha spiegato che “tutti devono vedere il peso che devo portare, e soprattutto comprendere che può accadere ovunque”. Da giorni la ventunenne entra nelle classi e segue le lezioni assieme a quel materasso. La ragazza ha chiamato la protesta “Mattress performance: Carry That Weight”, e per portarla avanti si è imposta delle regole molto rigide: non può chiedere aiuto per trasportare il suo “peso”, ma può accettarlo se le viene offerto. E intende andare avanti fino al diploma, se prima di quel momento il ragazzo non subirà sanzioni.
E il punto di questa storia è anche un altro, molto più sconcertante: lo stesso ragazzo che ha abusato di Emma è stato denunciato per violenza sessuale da altre due studentesse dell’università e nonostante ciò, la direzione dell’ateneo, dopo aver ricevuto denunce e disposto un’udienza ha deciso di far comunque cadere tutte le accuse nei confronti dello studente.
Emma, come le sue colleghe, è spaventata. E di questa paura si è fatta portavoce: “Ho paura ogni volta che esco dalla mia stanza – ha detto al NY Times – mi spaventa già il fatto di vedere qualcuno che gli assomiglia vagamente”. E la sua azione non è la prima all’interno dell’università: nell’aprile scorso, infatti, ben 23 studentesse – tutte violentate e molestate – avevano presentato una denuncia federale di oltre 100 pagine a carico dell’università dopo che, per mesi, le autorità avevano ignorato le loro richieste di ascolto e giustizia.
Il caso della Columbia University non è isolato. Secondo le statistiche diffuse in un rapporto del Dipartimento di giustizia americano nel 2009, infatti, una ragazza su cinque viene violentata prima di laurearsi, e le università si mostrano incapaci o comunque non disposte ad affrontare questa emergenza. È una piaga, per gli Stati Uniti. Una piaga che progressivamente, stupro dopo stupro e denuncia dopo denuncia, si sta guadagnando un’attenzione sempre maggiore da parte dei media e delle istituzioni.