Si stringe il cerchio sul boss di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro, tra i latitanti più ricercati al mondo. Polizia, Carabinieri e Direzione investigativa antimafia (Dia) stanno eseguendo un provvedimento di fermo nei confronti di 22 presunti affiliati alle famiglie mafiose di Castelvetrano, Campobello di Mazara e Partanna (Trapani).
Pizzini
L'indagine condotta dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Palermo ha consentito di individuare la rete utilizzata dal capo di Cosa nostra per lo smistamento dei 'pizzini' – termine siciliano per indicare piccoli pezzetti di carta o bigliettini – con i quali dava le disposizioni agli affiliati. Al vertice, oltre allo stesso Messina Denaro che si conferma capo e rappresentante indiscusso della mafia trapanese, alcuni suoi familiari, tra cui due cognati.
Le accuse nei confronti dei 22 indagati sono, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, danneggiamento, detenzione di armi e intestazione fittizia di beni, reati aggravati dalle modalità mafiose.
Gli attentati
Messina Denaro è stato l'esecutore di diversi omicidio. Dopo l'arresto di Riina, fu favorevole alla continuazione della strategia degli attentati dinamitardi insieme con i boss Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca e i fratelli Filippo e Giuseppe Graviano: gli attentati dinamitardi a Firenze, Milano e Roma provocarono in tutto dieci morti e 106 feriti, compresi danni al patrimonio artistico.
La latitanza
Nell'estate 1993, mentre avvenivano gli attentati dinamitardi, Messina Denaro andò in vacanza a Forte dei Marmi insieme con i fratelli Filippo e Giuseppe Graviano e da allora si rese irreperibile, dando inizio alla sua lunga latitanza. Nei suoi confronti è stato emesso un mandato di cattura per associazione mafiosa, omicidio, strage, devastazione, detenzione e porto di materiale esplosivo, furto e altri reati minori.