Gli ermellini hanno deciso: Luca Traini resta in carcerce. I giudici della Suprema Corte hanno respinto il ricorso prensentato dal suo legale, Giancarlo Giulianelli, che aveva chiesto gli arresti domiciliari e il braccialetto elettronico per il suo assistito.
La ricostruzione della vicenda
La richiesta era già stata “bocciata” in udienza dalla Procura generale della Cassazione, poi è arrivata la conferma definitiva della I sezione della Corte. La misura cautelare più lieve era già stata proposta da Traini al Tribuanale del Riesame che l'aveva respinta, dunque l'uomo era rimansto nella sua cella del carcere di Montacuto di Ancona. Da qui il ricosrso in Cassazione. Ora la difesa attende le motivazioni. A Traini viene contestato di aver sparato e ferito sei persone di origine africana il 3 febbraio 2018 a Macerata. Un gesto che aveva fatto piombare la città nel terrore, messo in atto dopo l'omicidio di Pamela Mastropietro. Per questo la Corte d'Assise di Macerata lo ha condannato per strage in abbreviato a 12 anni. L'inizio del processo di appello è fissato per il 26 settembre.
Il profilo di Traini
Ha 28 anni ed è incensurato il giorno del raid nei confronti dei sei africani. All'epoca risiedeva a Tolentino (Macerata). Alle elezioni del 2017, Traini era stato candidato con la Lega Nord al consiglio comunale di Corridonia, un comune di 15mila abitanti nel Maceratese, prese zero preferenze. Al di là della candidatura della Lega, Traini ha posizioni di estrema destra. Sulla tempia destra ha un tatuaggio con il simbolo di Terza posizione, movimento neofascista eversivo fondato negli anni 70 da Roberto Fiore, oggi leader di Forza Nuova. Il simbolo ha origine da un emblema tedesco e fu adottato dalla panzer division “Das Reich” delle Ss naziste.