La Corte Suprema svedese ha respinto il ricorso di Julian Assange – il padre di Wikileaks – di revocare il mandato d’arresto nei suo confronti. Il Tribunale di Stoccolma aveva spiccato, nel novembre del 2010, un mandato d’arresto in contumacia con l’accusa di stupro e aggressione sessuale. Accuse che Assange ha sempre respinto. La Corte Suprema ha ora confermato la richiesta di arresto.
L’uomo – che nel 2006 rende pubblici sul proprio sito internet documenti segreti di carattere governativo o aziendale – è rifugiato presso l’ambasciata dell’Ecuador a Londra dal 2012 per evitare l’estradizione in Svezia. L’attivista sostiene che le accuse di stupro e l’eventuale estradizione in Svezia sono finalizzate a consegnarlo agli Stati Uniti, dove verrebbe processato per la divulgazione di documenti top secret con il rischio di una condanna all’ergastolo.
Wikileaks pubblicò nel 2010 dei documenti incentrati sull’operato del governo e della diplomazia statunitense nel mondo. Nelle migliaia di pagine prodotte, gli ambasciatori commentavano soggettivamente l’operato e la figura dei principali leader mondiali. Tra i tanti, il capo di Forza Italia Silvio Berlusconi venne definito dalla ambasciata americana a Roma un leader “inefficace che spende le sue energie in feste notturne, le quali non gli permettono di riposarsi abbastanza”. Il presidente francese Nicolas Sarkozy venne descritto come “un imperatore nudo”, Angela Merkel “poco creativa” e Vladimir Putin un “alpha dog” o “maschio dominante”.