Nella giornata internazionale contro la violenza sulle donne, un crimine agghiacciante attira l’attenzione sul Darfour: uno di stupro di massa le cui vittime sono 210 donne, tra cui anche 8 bambine. 79 di loro hanno un’età compresa tra i 14 e i 18 anni, mentre le più piccoline hanno tra i 10 e i 13 anni. Sono state violentate la notte tra il 31 ottobre e il 1 novembre, a Tabit, un villaggio a 45 chilometri dalla capitale del Nord Darfur, El-FAsher. Voci senza riscontro si erano diffuse nei giorni scorsi e a confermarlo è l’associazione Italians for Darfour. I responsabili del crimine sarebbero militari dell’esercito sudanese e milizie filogovernative che avrebbero compiuto il fatto come rappresaglia dopo la scomparsa di un loro commilitone.
“La notizia – precisa Italians for Darfur in una nota – è rimasta sottotraccia perché la missione Onu dispiegata nella regione (Unamid) non aveva trovato riscontri sull’accaduto, ma ora è diventata di dominio pubblico “grazie al tam tam delle organizzazioni per i diritti umani che hanno raccolto la denuncia di una radio indipendente del Darfur, Radio Dabanga, che ha trasmesso le testimonianze dei residenti di Tabit, i quali hanno avuto il coraggio di raccontare ciò che era avvenuto, nonostante le minacce di ulteriori ritorsioni”.
Il presidente dell’Italians Darfour, Antonella Napoli, nel suo blog racconta la storia di Amina, 11 anni. La piccola si trovava nella sua capanna, quando tre uomini sono entrati, “l’hanno picchiata e violentata a turno più e più volte”. “Militari dell’esercito del Sudan, supportati da milizie filo-governative, sono entrati nel villaggio con i kalashnikov spianati – spiega Antonella Napoli – hanno radunato e immobilizzato gli uomini e, minacciandoli di morte, gli hanno impedito di reagire e di proteggere le loro donne”. Anche l’Onu sarebbe intervenuto sull’accaduto, chiedendo al governo del Sudan “un’approfondita indagine sulle accuse” e di “rispettare i suoi doveri nel permettere la totale e illimitata libertà di movimento senza ritardo attraverso il Darfur all’Unamid in modo da permettere che sia condotta una piena e trasparente indagine”.