Francesco Amato, il latitante condannato nell'ambito processo “Aemilia” che da stamattina si era barricato all'interno di un ufficio postale di Pieve Modolena (Reggio Emilia) tenendo in ostaggio 5 persone, si è arreso.
Decisiva l'irruzione dei carabinieri, che hanno bloccato e portato fuori l'uomo tra gli applausi dei presenti. Non è ancora chiaro se Amato si sia arreso spontaneamente alla vista dei militari o lo abbia fatto solo dopo essere stato reso inoffensivo.
Dopo essersi barricato nell'ufficio avrebbe minacciato i presenti: “Vi ammazzo tutti. Sono quello condannato a 19 anni, mia madre è in questo ufficio da 6 anni“. Nel commentare il fatto, alcuni familiari di Amato, sentiti dall'Agi, hanno detto: “Ha fatto questo solo per chiedere giustizia, non per far male alle persone, per vedere se gli danno una condanna diversa. Vuole solo diminuita la pena, avere 19 anni sulle spalle una persona che non ha fatto nulla, fa bollire il sangue“. Amato era stato condannato in abbreviato per associazione a delinquere di stampo mafioso a 19 anni e 1 mese insieme al fratello Alfredo. Era stato ritenuto partecipe della 'ndrina che fa capo al boss Nicolino Grande Aracri. In passato, peraltro, era incappato in analoghe inchieste giudiziarie contro la 'ndrangheta cutrese in Emilia, come quelle denominate “Grande Drago” e “Edilpiovra“. Insieme ad altri suoi congiunti, tutti originari del Reggino, Amato avrebbe, secondo i giudici, costituito un sodalizio che veniva considerato il braccio armato della cosca Grande Aracri. Dopo la condanna aveva fatto perdere le sue tracce.
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