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Riconosciuto innocente dopo 20 anni in carcere per un omicidio mai commesso

Vent’anni passati dietro le sbarre. Su una condanna a 24 anni complessivi. Una sentenza per un omicidio mai commesso. Tutta colpa di una maledetta consonante sbagliata nella trascrizione di una intercettazione telefonica e di calunniose dichiarazioni rese da un collaboratore di giustizia. Fino alla sentenza che lo scagiona, che riconosce che non è stato Angelo Massaro, oggi 51enne, di Fragagnano, in provincia di Taranto, ad uccidere Lorenzo Fersurella il 10 ottobre 1995. Una vicenda giudiziaria durata oltre 20 anni, un incubo dal quale Massaro può finalmente uscire ma che non potrà certamente dimenticare.

Fersurella era scomparso da una settimana. Dopo la denuncia del padre, era stato ritrovato crivellato di colpi di pistola in una cava a San Giorgio Jonico. Massaro finì nei guai perché la sera del 17 ottobre telefonò alla moglie per dire che aveva un “muers” da portare, parola che in dialetto significa un carico pesante. Si trattava di un macchinario in panne ma gli investigatori non gli credettero: avevano capito che doveva trasportare un “muert”, il cadavere, appunto, del suo amico. Ad aggravare la sua posizione la deposizione di un collaboratore di giustizia che riferì in sede processuale che negli ambienti malavitosi girava la voce che il delitto era stato causato da questioni di droga.

Massaro si era sempre proclamato innocente ma nel 1997 fu condannato in primo grado dalla Corte d’Assise di Taranto a 24 anni di carcere, sentenza poi confermata in appello e in Cassazione. Il suo primo difensore, tra l’altro, rinunciò ad alcune testimonianze che lo avrebbero scagionato. Ma il nuovo legale, l’avvocato Salvatore Maggio, non si è arreso. Ha chiesto la revisione del processo che però la Corte d’Appello di Potenza ha giudicato inammissibile. Contro questo pronunciamento l’avvocato Maggio ha presentato un nuovo ricorso in Cassazione, basato soprattutto su un documento d’archivio che dimostrava come il giorno dell’omicidio Massaro si trovava nel Sert di Manduria. La Suprema Corte ha così disposto la riapertura del processo presso la Corte d’Appello di Catanzaro che si è espressa con la sentenza di assoluzione, riconoscendo di fatto un errore giudiziario clamoroso.

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