Arriva la svolta nelle indagini della Polizia di Stato che indaga sulla rapina avvenuta lo scorso 21 settembre in una gioielleria nei pressi di via Montenapoleone, a Milano. Le prime ricostruzione degli inquirenti rivelarono che due uomini legarono i polsi della commessa e portato via i gioielli esposti. Ingente il danno economico. Oggi sono stati individuati due cittadini serbi di 29 e 30 anni ritenuti i responsabili del colpo, messo a segno, come affermano le autorità, con “modalità analoghe a quelle dei Pink Panthers“, il gruppo di banditi specializzati nei colpi nelle gioiellerie delle grandi città europee.
L’accaduto
Uno dei rapinatori si presentò alla commessa come un finto cliente, parlando in lingua inglese. Dopo aver chiesto di visionare alcuni gioielli la aggredì legandole mani e piedi con delle fascette di plastica. Tre, in tutto, gli uomini che hanno partecipato al blitz da un milione di euro in gioielli: due che hanno immobilizzato la dipendente e svaligiato la cassaforte, più un palo. Gli investigatori sono riusciti ad arrestare quest’ultimo il 23 novembre scorso a Brescia, dove era ritornato dopo essere scappato in Serbia. Uros Ivkovic, 30 anni, ha piccoli precedenti in Italia e precedenti per rapina in Serbia. Attualmente si trova nel carcere di San Vittore. L’altro uomo individuato è Aleksander Sarac, di 29 anni, al momento ancora in Serbia in attesa del mandato di arresto internazionale. Ad incastrarlo un’impronta lasciata sulla porta del locale dove era della cassaforte.
Ancora latitante il terzo complice
Ancora latitante il terzo complice. Nel video delle telecamere di sicurezza del locale, divulgato dalla Polizia di Stato, indossa un cappellino e una borsa a tracolla. Tuttavia, gli investigatori della Squadra mobile di Milano hanno elementi importanti su di lui: “Era un gruppo molto preparato, hanno studiato il colpo con attenzione – ha spiegato Lorenzo Bucossi, capo della Polizia Mobile -. La rapina è durata pochi minuti, l’allarme è stato dato mezz’ora dopo dalla dipendente quando è riuscita a liberarsi dalle fascette. Basti pensare che sette ore dopo la rapina erano già al confine tra Croazia e Serbia. È stato l’ingresso nel paese non Ue che ha permesso all’Interpol di risalire all’identità delle persone a bordo dell’auto usata per la fuga”. Sulla macchina viaggiavano Ivkovic e Sarac.
Il legame con i “Pink Panthers”
“La modalità è quella usata dalla banda dei Pink Panthers – ha spiegato Luca Izzo, capo della sezione antirapine – è molto probabile che facciano parte del gruppo che ha commesso rapine in tutta Europa. In questo caso avevano ottenuto un bottino di un milione di euro. Nonostante avessero studiato tutto nei minimi dettagli, hanno avuto la sfortuna di trovare una commessa che conosceva il serbo e che ha capito una parola che si sono scambiati. ‘Aspetta’ detto da uno di loro. Questa indicazione ci ha permesso di stringere il cerchio“.