Lee Jae-rock, fondatore di un culto pseudo-religioso molto popolare in Corea del Sud, è stato condannato a 15 anni di carcere con l'accusa di aver violentato 8 donne.
Le accuse
L'uomo (75 anni) è stato arrestato lo scorso maggio. All'apice della sua popolarità la sua Mamin Central Church (con sede a Seul) poteva contare su circa 130 mila seguaci. Secondo la sentenza dei giudici sudcoreani le sue vittime “non erano in grado di resistere“, “erano soggiogate dall'autorità assoluta dell'accusato”. In precedenza alcuni suoi ex adepti avevano parlato dei suoi “poteri” arrivando a descriverlo come un “dio“.
Il gruppo
Lee aveva fondato il culto nel 1982, in un'area allora povera di Seul, con solo dodici seguaci, acquisendo notorietà, soldi e potere nel corso degli anni. Le prime denunce di violenze sono arrivate all'inizio di quest'anno: gli avvocati di Lee, che ha sempre negato le accuse, hanno sostenuto che le donne fossero in cerca di vendetta per essere state “scomunicate” dal presunto santone.
Il fenomeno
La Corea del Sud è un terreno fertile per la religione: secondo un sondaggio del 2015, il 44% dei sud-coreani si professa credente cristiano (28%) o buddista (16%) ma secondo studi di istituti locali sarebbero circa due milioni i cittadini che si dicono seguaci di gruppi pseudo-religiosi, con caratteristiche simili a quello fondato da Lee. La loro influenza può arrivare molto in alto, come ha dimostrato il caso della confidente dell'ex presidente sud-coreana, Park Geun-hye, Choi Soon-sil – al centro di uno scandalo di corruzione che ha portato all'impeachment e alla destituzione di Park – accusata anche di tenere riti sciamanici nella Casa Blu, l'ufficio presidenziale sud-coreano.