Il gup di Milano, Giuseppina Barbara, ha rinviato a giudizio l'amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi e la stessa società, al termine dell'udienza preliminare sul presunto pagamento di una tangente da oltre un miliardo di dollari in Nigeria. Descalzi è imputato di corruzione internazionale, mentre Eni risponde della violazione della legge 231 del 2001 sulla responsabilità delle società per i reati commessi da loro dipendenti. Tra le altre persone rinviate a giudizio, figurano anche l'ex ad di Eni, Paolo Scaroni, l'uomo d'affari Luigi Bisignani, considerato uno dei mediatori della presunta tangente, e la multinazionale petrolifera Shell con alcuni suoi manager. Il processo si aprirà il 5 marzo davanti ai giudici della decima sezione penale del Tribunale di Milano.
A processo 13 indagati
Il gup ha accolto la richiesta del neoprocuratore aggiunto Fabio De Pasquale e del pm Sergio Spadaro, titolari dell'inchiesta, di rinviare a giudizio tutti gli indagati, ossia 13 persone fisiche oltre alle società, Eni e Shell. Tra gli imputati figurano anche l'ex dirigente di Eni nell'area del Sahara, Vincenzo Armanna, l'allora capo della Divisione Esplorazioni della stessa società, Roberto Casula, e l'ex ministro nigeriano del Petrolio, Dan Etete. Le accuse a Descalzi si riferiscono al periodo in cui ricopriva la carica di direttore generale della Divisione Exploratione & Production di Eni, in particolare agli anni 2010 e 2011. Stando al capo d'imputazione, l'attuale ad di Eni avrebbe “concordato col suo omologo Malcom Brinded di Shell (anche lui rinviato a giudizio, ndr) il prezzo dell'affare, nella misura di 1,3 miliardi di dollari e, successivamente, fino alla conclusione della trattativa, coordinato con lo stesso Brinded la posizione delle due società Eni e Shell”. L'allora ad di Eni Paolo Scaroni avrebbe “dato il placet all'intermediazione di Obi (presunto intermediario nigeriano che ha scelto il rito abbreviato, ndr) proposta da Bisignani invitando Descalzi ad adeguarsi”. Secondo l'accusa sia Scaroni che Descalzi avrebbero incontrato anche il presidente nigeriano Jonathan Goodluck per definire l'affare. La ricostruzione è sempre stata respinta dai legali degli indagati.
Il comunicato del CdA di Eni
Il Consiglio di amministrazione di Eni in una nota ha comunicato di prendere atto della decisione del Giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Milano che ha disposto il rinvio a giudizio della società, del suo amministratore delegato e di alcuni manager per il reato di corruzione internazionale in relazione alla vicenda dell'acquisizione nel 2011 di una quota nella licenza per lo sfruttamento del giacimento petrolifero Opl 245 in Nigeria. Il CdA di Eni, anche sulla base di una valutazione degli esiti delle verifiche svolte da consulenti indipendenti incaricati di esaminare tutti gli atti e la documentazione depositata a chiusura delle indagini della Procura di Milano nel 2016, ha confermato la fiducia circa la estraneità della società “alle condotte corruttive contestate in relazione alla richiamata vicenda. Il consiglio di amministrazione ha, altresì, confermato la massima fiducia nell'amministratore delegato, Claudio Descalzi, sulla sua totale estraneità alle ipotesi di reato contestate e, in generale, sul ruolo di capo azienda. Eni esprime piena fiducia nella giustizia e nel fatto che il procedimento giudiziario accerterà e confermerà la correttezza ed integrità del proprio operato”. La parola passa ora al Tribunale.