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Praticava mutilazioni genitali: dottoressa rischia l’ergastolo in America

Rischia l’ergastolo Jumana Nagarwala, una dottoressa di pronto soccorso arrestata a Detroit con l’accusa di aver praticato per 12 anni mutilazioni genitali su bambine tra i sei anni e gli otto anni. La polizia è intervenuta dopo una segnalazione anonima sugli interventi che venivano eseguiti in un ambulatorio di Livonia, un sobborgo della metropoli del Michigan ribattezzato Little Palestine per la presenza di una nutrita minoranza araba.

Pratiche aberranti

La 44enne, adepta di una non meglio specificata religione che pratica le mutilazioni genitali, operava bambine del Michigan ma anche altre che venivano portate da diversi Stati. L’inchiesta è partita dal caso di due bambine del Minnesota, a cui fu chiesto di non dire nulla dopo l’intervento. “La signora Nagarwal è accusata di aver praticato orribili atti di brutalità su vittime particolarmente vulnerabili”, ha sottolineato il procuratore. La dottoressa, interrogata dall’Fbi, ha respinto le accuse. E’ accusata di mutilazioni genitali (pena fino a cinque anni), falsa testimonianza e trasporto di minori finalizzato a pratiche sessuali criminali e proprio per quest’ultimo reato, se condannata, rischia il carcere a vita.

Nel mondo 200 milioni di vittime

Le mutilazioni genitali femminili su minori di 18 anni sono illegali negli Stati Uniti dal 1996. Nel 2006 un immigrato etiope era stato condannato a 10 anni per aver mutilato la figlia di due anni con un paio di forbici. Ma questa è la prima volta che viene incriminato un medico per una pratica che nel 2012 le autorità Usa stimavano che in America potesse riguardare mezzo milione di donne e bambine, tra quelle che l’hanno subita e quelle che sono a rischio. L’Onu calcola che nel mondo siano 200 milioni le vittime di una qualche forma di mutilazione genitale femminile, una pratica tradizionale molto diffusa nell’Africa sub-sahariana che prevede l’asportazione totale o parziale della clitoride o altri interventi sui genitali.

I Paesi più a rischio

L’ultimo rapporto Unicef del 2016 sostiene che la barbara usanza è praticata in 30 Paesi. La metà dei 200 milioni di vittime è concentrata in Egitto, Etiopia e Indonesia. Ma l’Occidente non può dirsi immune, e il caso di Detroit ne è la prova: in Europa, Australia, Canada e negli Stati Uniti, si registrano casi di mutilazioni soprattutto tra gli immigrati provenienti dall’Africa e dall’Asia sud-occidentale. Sono episodi che avvengono nella più totale illegalità e che quindi sono difficili da censire statisticamente. Tra tutte le vittime, 44 milioni sono bambine e adolescenti fino a 14 anni: in questa fascia di età, la prevalenza maggiore è stata riscontrata in Gambia, con il 56%, in Mauritania con il 54% e in Indonesia, dove circa la metà delle adolescenti (con un’eta’ fino a 11 anni) ha subito mutilazioni. I Paesi con la più alta prevalenza tra le ragazze e le donne tra i 15 e i 49 anni sono: la Somalia (98%), la Guinea (97%) e la Repubblica di Gibuti (93%). In molti Paesi, inoltre, la maggior parte delle donne ha subito mutilazioni genitali prima di aver compiuto 5 anni. Rispetto al 2014 il numero di donne e bambine sottoposte a Mutilazioni Genitali Femminili (Mgf) è aumentato di circa 70 milioni. Ciò è dovuto alla crescita della popolazione in molti Paesi e ai dati rappresentativi a livello nazionale raccolti dal governo dell’Indonesia.

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