Brutalmente picchiata, fino alla morte, perché non voleva prostituirsi. E a farlo, sono stati dei parenti “stretti”. Così è deceduta, lo scorso 23 agosto, per un malore dovuto ad un'emorragia interna in seguito al pestaggio. Per il suo omicidio è stata arrestata una coppia di Frosinone. In manette per omicidio come conseguenza di maltrattamenti e per sfruttamento della prostituzione sono finiti Loide Del Prete, 39 anni, cugina della madre della vittima, e il convivente tunisino Saad Mohamed Mohamed, nonché cognato della giovane.
Le indagini
Dalle indagini dei carabinieri è emerso che i due ogni giorno accompagnavano Gloria a prostituirsi sulla strada tra Anzio e Nettuno per poi prenderle tutti i guadagni. Il 23 agosto scorso Gloria si era sentita male e aveva accusato difficoltà respiratorie mentre si trovava a bordo di un'auto che stava transitando nel comune di Prossedi per tornare verso Frosinone, dove abitava. In auto accanto a lei quella sera c'erano anche i suoi due figli, di 3 e 5 anni. E' morta accasciandosi sulla strada, dopo l'ultima brutale aggressione avvenuta, forse poco prima, per mano della coppia. I parenti della giovane, secondo la ricostruzione dei carabinieri, ogni giorno la accompagnavano a lavorare, costringendola a prostituirsi sulla strada. Le indagini, condotte dai carabinieri della compagnia di Terracina e dal Nucleo investigativo del comando provinciale, hanno fatto emergere un quadro drammatico di violenze e pestaggi quotidiani.
Picchiata a morte
L'autopsia aveva confermato una morte come conseguenza di un'aggressione brutale, che le aveva procurato la perforazione di un polmone, di fegato e milza e una conseguente emorragia interna. “Dopo la morte di questa giovane ragazza – ha spiegato il procuratore aggiunto di Latina Carlo Lasperanza – c'è stata una corsa a testimoniare. Poche volte nelle indagini abbiamo assistito a una così profonda collaborazione dei cittadini. Tutti hanno voluto dare a Gloria, da morta, quello che non aveva avuto in vita. E ci hanno restituito una ricostruzione della sua vita quasi fotografica”. Ma nessuno, pur immaginando una vita di violenze, era riuscito ad aiutarla, neppure i servizi sociali di Frosinone. Gloria Pompili non era mai riuscita a denunciare, non aveva mai raccontato a nessuno le violenze che era costretta a subire, pur portandone i segni sul corpo e sul viso.