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Nuove mode: tuffarsi sotto le auto in corsa

Da diversi mesi, si assiste a una moda diffusa tra alcuni giovanissimi italiani che si gettano sotto le vetture in corsa lungo la strada; alcuni lo fanno per gioco, per sfida e per postare il video choc sui social, altri per truffare l’automobilista costretto a fermarsi e a pagare, in contanti, una somma per chiudere la questione ed evitare conseguenze.

Il fenomeno

Il fenomeno, in questo caso, non nasce come emulazione dei coetanei statunitensi ma arriva dalla lontana Cina (dove è chiamata “peng ci’ er”, ossia “tocca la porcellana”); qui, infatti, non è raro imbattersi in ragazzi che, all’improvviso, si gettano verso le automobili che sopraggiungono. La versione originale di questa insana moda nasce con delle caratteristiche ben precise: in genere il giovane cinese arriva da lontano, in direzione contraria a quella dell’automobile e, in prossimità dell’impatto, si getta sul cofano della vettura. In questo, caso, l’automobilista ha la possibilità di frenare in tempo, disponendo di quei pochi secondi per capire costa stia succedendo. Gli emuli italiani, invece, hanno adottato “tecniche” diverse, non concedendo al conducente in arrivo le frazioni di secondo necessarie; si gettano davvero all’improvviso, provenendo, spesso, dai lati della carreggiata e rendendosi visibili solo a impatto avvenuto.

Il ruolo del web

Tale moda sembra non avere ancora una definizione inglese ben precisa, come avviene per altre abitudini e tendenze che spopolano fra i giovanissimi e i social. Ciò potrebbe essere interpretato come un elemento positivo e far intendere che non abbia avuto grande seguito tra chi, effettivamente, sia disposto a rischiare la vita o l’integrità fisica. Lo sviluppo, in tal caso, è principalmente virtuale: grande diffusione nel web delle gesta dei ragazzi disposti a rischiare e notevole stupore per questi insani. Pur in presenza di una mitizzazione di tali personaggi, la nota lieta è nello scarso seguito pratico.

In cerca di fama

Il web e i social, utilizzati in modo errato, sono la “benzina” che alimenta sia il nascere sia il prosperare di tendenze negative e inaccettabili, con una velocità e un’interiorizzazione incredibili. Pubblicare un video in cui si azzarda il duello con il “mostro a quattro ruote, plastica e lamiera”, può significare la fama, il divenire famosi in tutto il mondo e ottenere visibilità su media non irreprensibili nonché avere spazio per interviste e strizzare l’occhio alla possibilità di scrivere libri, di partecipare a un reality o incidere canzoni. Questo spiega l’intento masochista dei giovani disposti a rischiare grosso.

Truffa

In altri casi, tuttavia, le motivazioni sono diverse. I giovani italiani, sempre sull’onda dell’esempio cinese, si gettano in prossimità delle auto in marcia per fingere un investimento. L’automobilista, costretto a una frenata improvvisa e, preoccupato per la situazione incresciosa, si vede soggetto a un ricatto, in base al quale i finti investiti suggeriscono di chiudere il caso attraverso il pagamento di una somma di denaro. La vera vittima, vista la situazione abbastanza complessa, accetta di pagare e di evitare ulteriori sviluppi. Si tratta, quindi, dell’ennesima truffa che può capitare agli automobilisti, dopo quella del finto tamponamento (che avviene, in genere, con il lancio di un sasso) o dell’uovo sul parabrezza (misto all’acqua del tergicristallo rende la visibilità pari a zero).

Il caso

Qualche mese fa, fece scalpore l’appello del sindaco di Sorbolo, un comune della provincia di Parma. Nicola Cesari, infatti, turbato dal ripetersi delle gesta di alcuni tredicenni, denunciò tale pratica del tuffarsi in strada a rischio di investimento.Tale moda non è recentissima ma, nel vorticoso aumentare del rilievo dei social nella vita quotidiana (il cui incremento è apprezzabile quasi mensilmente), si rende sempre più pericolosa, sia per chi la esegue (per frode o per sfida), sia per chi la subisce (costretto a pagare una somma o a rischio di conseguenze per l’incidente).

Incoscienza

Nel tentativo di sfidare e dominare la morte, frutto di una sottovalutazione del suo verificarsi, il confondere la realtà effettiva con quella virtuale trasforma tutta la vita in una sorta di videogioco, con l’illusione di poter ripetere la sfida e di avere un secondo appello. E’ auspicabile una severissima stigmatizzazione da parte dei media e dei social, affinché tali bravate (non riconducibili in alcun modo a un’endemica trasgressione giovanile) non siano considerate come atti di novelli eroi da mitizzare e far divenire nuove star o modelli giovanili.

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