Fuga finita per il latitante Rocco Graziano Delfino, esponente di spicco della cosca di ‘Ndrangheta degli Alvaro di Sinopoli.
I carabinieri della compagnia di Palmi e dello squadrone “Cacciatori di Calabria” hanno arrestato Delfino, di 34 anni, scovandolo nelle campagne di Sant’Eufemia d’Aspromonte. L’uomo era latitante dal 2017 dopo una condanna definitiva a 12 anni di carcere per traffico di sostanze stupefacenti. Era inoltre ricercato per l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa lo scorso febbraio dal gip su richiesta della Dda di Reggio Calabria.
Inchiesta Eyphemos
Con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso, infatti, Rocco Graziano Delfino è indagato nell’inchiesta “Eyphemos” dello scorso settembre che ha riguardato le cosche di Sant’Eufemia e i rapporti con la politica. In quella occasione, vennero arrestate nove persone tra capi, elementi di vertice e prestanome della cosca dipendente della storica e potentissima ‘ndrina Alvaro di Sinopoli.
Secondo il procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri, l’aggiunto Gaetano Paci e il sostituto della Dda Giulia Pantano che hanno coordinato le indagini, Delfino sarebbe stato affiliato all’interno del carcere di Palmi.
Anche da latitante, secondo gli investigatori, avrebbe partecipato alle riunioni della ‘ndrangheta di Santa Eufemia e sarebbe vicino alla “frangia mafiosa – è scritto nel capo di imputazione ripreso da Ansa – riferibile a Domenico Laurendi detto ‘Rocchellina’”.
“Battezzato in carcere”
Ritenuto un soldato della cosca, il latitante arrestato è parente di altri due indagati della stessa inchiesta coordinata della Dda: è nipote del “mastro di giornata” Pasquale Cutrì e fratello di Nicola Delfino detto “Cola”, entrambi accusati di associazione mafiosa.
Il “ragazzo latitante a nome Rocco” veniva chiamato Delfino dagli altri indagati intercettati dalla squadra mobile. Di lui ha parlato anche il collaboratore di giustizia Pasquale Labate, un tempo affiliato alla cosca Guerrisi, satellite dei Piromalli di Gioia Tauro. Davanti ai magistrati, il pentito non ricordava il nome di Rocco Graziano Delfino ma ha riconosciuto la foto dicendo “È il soggetto battezzato in carcere“.