Nuovo capitolo della terribile vicenda legata alla morte del piccolo Leonardo Russo di appena 20 mesi. Nicholas Musi, il 23enne arrestato nei giorni scorsi con l'accusa di omicidio volontario pluriaggravato per il decesso del bimbo, figlio della compagna, ha tentato il suicidio nel carcere di Novara.
Il tentativo
Nella notte tra lunedì e martedì, a poche ore dal funerale della vittima, l'uomo – rende noto l'Osapp, Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria – ha cercato di impiccarsi con un lenzuolo alle inferriate della sua cella. Solo l'intervento della polizia penitenziaria ne ha evitato la morte.
In carcere
Musi era recluso da venerdì, quando gli agenti della squadra mobile di Novara su ordine della procura lo avevano arrestato con la compagna Gaia Russo, 22 anni, ai domiciliari in una struttura protetta, perché incinta. Era stata lei, giovedì scorso, a telefonare al 118 perché il figlio di venti mesi si sentiva male. “E' caduto dal letto”, aveva sostenuto con i soccorritori. L'autopsia sul bimbo, morto all'arrivo in ospedale, ha rivelato una serie di traumi e una emorragia al fegato per un violento colpo all'addome. Prima di tentare il suicidio, Musi, con problemi di droga e numerosi precedenti alle spalle, si è sempre avvalso della facoltà di non rispondere alle domande degli inquirenti. Di fronte al pm Ciro Caramore, titolare dell'inchiesta, si era limitato a dirsi “con la coscienza pulita”, parole che il magistrato ha definito “agghiaccianti“. Il suo tentativo di suicidio, sostiene il segretario generale dell'Osapp Leo Beneduci, “è l'ennesimo episodio che dimostra quanto e come l'attenzione dei poliziotti penitenziari sia rivolta alla sicurezza dei detenuti”