Dopo aver raccolto numerose testimonianze di migranti sopravvissuti al naufragio davanti alle coste libiche e arrivati ieri nel porto di Palermo a bordo di una nave militare irlandese, cinque presunti scafisti che viaggiavano sulla stessa nave sono stati arrestati: tre libici e due algerini. Nel peschereccio erano stipati oltre 500 migranti finiti in mare. Agli scafisti oltre al reato di immigrazione clandestina, la procura di Palermo ha contestato anche quello omicidio.
Migranti marchiati con i coltelli, picchiati con cinture. Agli scafisti vengono contestate anche queste forme di violenza, che variavaano a seconda delle vittime. Secondo alcune testimonianze raccolte dalla polizia, i criminali avrebbero rivestito ciascuno un ruolo ben preciso: uno comandava l’imbarcazione con l’ausilio di altri due, gli altri si occupavano di controllare i migranti, impedendo loro, con la violenza, di muoversi.
L’accusa è arrivata per la morte accertata di 26 migranti e per quella presunta di circa 200 persone che mancano ora all’appello. Dopo circa tre ore di viaggio, hanno raccontato i sopravvissuti, è iniziata a entrare acqua nella stiva dove erano i clandestini, che secondo i trafficanti dovevano rimanere nella stiva anche tre giorni, visto che avevano pagato la metà del prezzo per la traversata.
Non appena l’ambiente si è allagato, uomini, donne e bambini hanno cercato una via di fuga, ma gli scafisti avrebbero chiuso la via d’uscita, facendoli morire. Altri migranti hanno riferito che gli uomini ora arrestati avrebbero marcato con coltelli la testa di coloro che non obbedivano agli ordini, specie quelli di etnia africana. Gli arabi, invece, sarebbero stati picchiati con cinture e gli uomini sposati con calci e pugni.