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Libia: migrante in fuga ucciso con un colpo di arma da fuoco

Aveva preso il largo in cerca della libertà, ma è morto sulla costa nordafricana dove era stato riportato insieme ad altri che insieme a lui avevano intrapreso la traversata. Un migrante di nazionalità sudanese ha persone la vita dopo essere raggiunto da un proiettile, mentre tentava di fuggire dalle guardie libiche giovedì 19 settembre. Inutili i soccorsi. Faceva parte di un gruppo  di 103 persone che era stato ricondotto a terra da uomini della Guardia costiera libica ed era stato fatto sbarcare nei pressi del porto di sbarco tripolino Abu Sitta. I migranti stavano opponendo resistenza ai militari libici che intendevano trasferirli in un centro di detenzione. A denunciare l'accaduto, l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) con una nota. Alcuni membri dell'agenzia collegata alle Nazioni unite si trovavano sul posto e ha cercato di salvare il migrante ferito.

Tragedia annunciata 

Non volevano tornare in un centro di detenzione libico, per cui hanno si sono opposti o hanno cercato una via di fuga, pur di evitare il trasferimento. Per contenere la protesta un gruppo di uomini armati avrebbe aperto il fuoco, sembra sparando in aria. Uno dei 103 migranti però sarebbe stato raggiunto allo stomaco da un proiettile. Lo staff dell'Oim che era presente lo avrebbe soccorso immeditamente, fornendogli le prime cure sul posto poi portandolo di corsa in una struttura sanitaria non distante. Usa dure parole di denucia il portavoce dell'Organizzazione Leonard Doyle: “Era una tragedia annunciata. È inaccettabile in ogni circostanza l'uso di armi da fuoco contro civili inermi, donne e bambini. Inoltre è allarmante per le condizioni di sicurezza chi fornisce assistenza umanitaria e dei migranti. L'Oim chiede che le autorità libiche indaghino su questa vicenda e facciano giustizia”.

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Le vittime di Tajoura

Nella nota l'Organizzazione per le migrazioni sottolinea che quanto accaduto dovrebbe servire a non dimenticare mai la drammatica situazione in cui si trovano i migranti che, dopo aver pagato i trafficanti per farsi portare in Europa, vengono riportati indietro dai militari libici per finire nei centri di detenzione. “Le cui condizioni sono state condannate dalle Nazioni unite e dall'Oim”, recita il documento. Secondo i dati dell'Organizzazione si trovano nei centri di detenzione libici – “in condizioni disumane”, è specificato – 5mila persone, tra cui donne e bambini, mentre altre 3mila si trovano in zone di conflitto ad alto rischio. Poco più di due mesi fa, a inzio luglio, un doppio attacco aereo su Tripoli ha colpito anche il centro per migranti di Tajoura, a est della città, causando 53 vittime e oltre cento feriti. Il governo libico di unità nazionale ha poi accusato il generale Haftar dei raid sulla capitale.

 

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