La polizia scientifica ha rinvenuto, sul parabrezza dell’Opel Corsa guidata da Viviana Parisi, impronte delle mani di Gioele. Quest’ultime sono state individuate grazie al Luminol. L’esame irripetibile, chiesto dalla famiglia Mondello, si è svolto mercoledì sera a Brolo, per stabilire se fossero presenti tracce ematiche all’interno dell’ autovettura. I segni delle manine del piccolo sul parabrezza porterebbero ad ipotizzare un estremo tentativo di Gioele di proteggersi dall’urto con il vetro. Gioele, infatti, non aveva il seggiolino allacciato e probabilmente, l’impatto potrebbe averlo spinto con forza contro il parabrezza, portandolo a sbattere la testa. Il tutto porterebbe ad avvalorare la tesi secondo la quale il bambino possa aver subito un trauma cranico e la madre, in preda alla disperazione, potrebbe aver deciso di scappare per poi decidere di abbandonarlo nel bosco, senza vita, per poi suicidarsi. Gli imprenditori lombardi che hanno assistito all’incidente hanno dichiarato di aver visto Gioele in braccio alla madre con gli occhi “aperti”.
La polizia scientifica, inoltre, non ha trovato tracce ematiche nella Opel. La crepa presente sul parabrezza, individuata sempre dalla scientifica, era precedente all’impatto, come ha dichiarato Daniele Mondello, il padre di Gioele. Come potrebbero essere antecedenti all’impatto anche le impronte del piccolo trovate sullo stesso parabrezza.
Le parole di Daniele e Mariella Mondello
In un video della trasmissione “Chi l’ha visto”, Daniele Mondello ha dichiarato: “Voglio cogliere l’opportunità per dire che le ricerche sono state del tutto inefficaci. Il signore che ha trovato mio figlio lo ha trovato solo con un falcetto”. Ha, poi, aggiunto, “Mia moglie non avrebbe mai toccato mio figlio Gioele, neanche con un dito. Avrei voluto trovarli io, ma mi è stato impedito”.
Mariella Mondello, zia di Gioele, nel corso della trasmissione, ha raccontato nel dettaglio le crepe delle ricerche: “A noi ci è stato impedito di andarli a cercare. Quando sono scomparsi, ci siamo messi in macchina per raggiungere l’autostrada, ma siamo stati bloccati e rimandati a casa. La prima sera era fondamentale, si poteva sentire il pianto del bambino. La notte non c’era nessuno. Sicuramente li avremmo trovati vivi e invece mio fratello è stato trattato come Parolisi”.