IL CUORE DI ROMA NELLE MANI DELLA ‘NDRANGHETA

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Un blitz dell’antimafia nel cuore di Roma per spezzare le infiltrazioni criminali della ristorazione. Due locali storici del Pantheon, “La rotonda” e “Er faciolaro” in via dei Pastini, sono stati posti sotto sequestro dagli uomini della Dia e il vero proprietario, Salvatore Lania, imprenditore 47enne di Seminara (Reggio Calabria) è finito in manette insieme ad altri per intestazione fittizia di beni. Il suo nome era emerso nel corso dell’indagine, che aveva portato al sequestro e alla successiva confisca del “Caffè de Paris”, sugli affari nella Capitale della cosca Alvaro di Sinopoli. L’inchiesta aveva in particolare fatto luce sui rapporti tra l’indagato e personaggi contigui al clan, tutti coinvolti in un vasto commercio transnazionale di merci contraffatte, prodotte in Cina, “sdoganate” a Gioia Tauro con l’appoggio della famiglia Piromalli-Molè, con destinazione finale Repubblica Ceca.

Le indagini  hanno consentito di individuare gli investimenti milionari effettuati in un breve lasso di tempo dall’indagato, ritenuti assolutamente incompatibili e sproporzionati rispetto ai redditi dichiarati al fisco, dimostrando la totale assenza di elementi a giustificazione della lecita provenienza dei beni. Oltre alle due trattorie è stata sottoposta a sequestro una ulteriore attività commerciale di vendita di elementi di souvenir, elementi di arredo e soprammobili denominata “Mi & Chi”, in via della Rotonda, sempre nelle vicinanze del Pantheon. Il lavoro di inquirenti e investigatori ha inoltre consentito di accertare la costituzione di società di comodo, da parte di Lania, quali la “Suriaca srl”, la “Rotonda srl”, la “Fiorenza Il Fagiolaro srl” intestate a parenti o suoi dipendenti per celare la reale proprietà delle attività di ristorazione ed eludere eventuali provvedimenti di sequestro a suo carico, in considerazione del suo coinvolgimento in attività di indagine.

A pochi ore dal blitz la Coldiretti ha lanciato l’allarme mafia nella ristorazione in Italia. “Sono almeno 5mila i locali nelle mani della criminalità organizzata nel nostro Paese- ha scritto l’associazione di categoria degli agricoltori – e che approfitta della crisi economica per penetrare in modo sempre più massiccio e capillare nell’economia legale”. Dai campi alla tavola le agromafie – si legge nel comunicato – fatturano in Italia un importo di 15,4 miliardi in crescita del 10% in un anno “perché si tratta di attività appetibili anche in tempi di crisi perché del cibo si ha comunque bisogno e perché consentono di infiltrarsi nel cuore della società”. La mafia “in alcuni casi possiede addirittura franchising, forti dei capitali assicurati dai traffici illeciti collaterali”.