Categories: Cronaca

Greenpeace, sette italiani a processo per l’irruzione nella centrale nucleare

Inizia oggi a Colmar, nell’est della Francia, il processo agli attivisti di Greenpeace che il 18 marzo avevano tentato un’irruzione nella centrale nucleare di Fassenheim, in Alsazia. L’associazione ambientalista aveva preso di mira la struttura per protestare contro i rischi causati dagli impianti atomici. Secondo Greenpeace, Fassenheim, sulle rive del Reno, è uno degli stabilimenti più a rischio d’Europa, perché situato in zona sismica e a rischio di inondazioni.

In quella mattina di marzo, il gruppo di manifestanti aveva forzato i cancelli d’ingresso: alcuni di loro, armati di scale, erano saliti fin sulla cima dell’impianto per appendere uno striscione di 400 metri quadrati con la scritta “Stop risking Europe” (basta mettere a rischio l’Europa). Quasi tutti sono finiti in manette prima di concludere l’operazione, ma i pochi rimasti sul tetto sono riusciti ad esporre il cartello. Tra loro c’erano tedeschi, austriaci, ungheresi, francesi, turchi, un australiano e un israeliano. Questi ultimi, provenienti da paesi che non fanno parte dell’area Schengen, non possono rientrare in Francia.  Il blitz ha anche suscitato profonde inquietudini circa la facilità con cui i militanti sono riusciti ad accedere all’interno della centrale.

Una questione che ha posto seri interrogativi sulla sicurezza. In servizio dal 1977, quella di Fessenheim è la più vecchia centrale transalpina, situata nei pressi del confine tedesco e che continua a suscitare polemiche anche in Francia. Il presidente Hollande ha annunciato la sua chiusura per la fine del 2016, ma i militanti hanno sempre temuto che l’impegno non venga rispettato e chiedono un’accelerazione dei tempi. Gli attivisti ora rischiano fino a cinque anni di prigione, ma i precedenti sembrano essere confortanti: in simili casi già avvenuti in passato, le condanne non hanno mai superato i sei mesi con la condizionale.

 

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redazione

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