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GRECIA, MANIFESTAZIONI DAVANTI AL TRIBUNALE PER LA NUOVA UDIENZA DEL PROCESSO AD ALBA DORATA

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 È ripreso il processo ai vertici del partito greco di estrema destra Alba dorata per omicidio e gestione di un’organizzazione criminale, dopo due rinvii per vizio di forma. Quasi tutti i deputati coinvolti, così come il leader del partito Nikolaos Mijaloliakos, hanno deciso di non presentarsi in aula nel carcere di massima sicurezza di Korydallos e si sono fatti rappresentare dai loro avvocati.

Sessantacinque dei 68 membri di Alba dorata a processo devono rispondere di avere guidato e di avere fatto parte di un’organizzazione criminale, mentre altri sono anche accusati di omicidio e possesso illegale di armi, documenti e droga. A dare il via al caso nei confronti di Alba dorata fu l’uccisione nel 2013 del cantante rap di sinistra Pavlos Fyssas, detto Killah P, per mano di un militante del partito di estrema destra, Yorgos Rupakias.

Fin dalle prime ore della mattina di ieri alcuni manifestanti si sono riuniti davanti al municipio di Korydallos e sono poi andati in corteo fino alla prigione per protestare contro il fascismo e chiedere il trasferimento del processo in altra sede. Alcuni vogliono che il processo venga spostato perché vicino al carcere si trovano delle scuole e si teme che il posto possa diventare luogo di ritrovo dei neonazisti.I giornali intanto riferiscono che, dopo contatti fra il ministro della Giustizia Nikos Paraskevopoulos e rappresentanti dei residenti del quartiere, è stato deciso che per motivi di sicurezza il tribunale verrà spostato in altra sede presso la Corte d’Appello ma solo dal prossimo settembre.

Parlando dopo un incontro con il sindaco di Korydallos, Stavros Kasimatis, nonché con funzionari regionali, il ministro ha detto di essere disposto ad aiutare i residenti a trovare una “soluzione provvisoria” prima di settembre. Egli ha suggerito, tuttavia, che per ottenere un trasferimento rapido del tribunale occorrerebbe una espressa richiesta da parte del giudice che presiede il processo, Maria Lepenioti. Quest’ultima, da parte sua, il mese scorso – a processo cominciato – aveva invece sostenuto che era compito del Ministero della Giustizia risolvere la questione.

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