Continua la campagna contro “le tigri e le mosche” iniziata da Xi Jinping nel 2012 dopo la sua presa di potere. Con questo slogan il presidente della Repubblica popolare cinese ha lanciato la sua campagna contro la corruzione che mira a colpire sia gli ufficiali di alto grado(tigri), sia i funzionari del Partito di più basso livello (mosche).
Questa volta nelle maglie della politica anti-corruzione cinese è finito Liu Han, ex industriale del settore minerario e uno degli uomini più ricchi del Paese, è stato giustiziato questa mattina, dopo che nel 2013, un tribunale lo aveva ritenuto colpevole di 13 capi di accusa, tra cui omicidio, gestione del gioco di azzardo, vendita illegale di armi da fuoco e associazione di stampo mafioso.
Questa mattina insieme a lui sono stati giustiziati anche il fratello minore Liu Wei e tre dei suoi collaboratori. Liu era collegato a Zhou Yongkang, l’ex “zar della sicurezza nazionale”, caduto in disgrazia dopo la salita al potere di Xi Jinping. Liu Han, con 650 milioni di ollari, era uno dei 500 uomini più ricchi della Cina, e il suo processo e la sua condanna a morte sono considerati uno dei più grandi risultati nella campagna contro “le tigri e le mosche”. Ma un analista e dissidente, Bao Tong, ha contestato la vera natura di questa politica, che secondo lui nasconderebbe solo una resa dei conti interna al Partito.