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Giallo sulla lista dell'Interpol

Gli analisti più avveduti sostengono che parlare di un Isis sconfitto e prossimo alla resa equivale ad abbassare la guardia, sottovalutando le enormi potenzialità dell'organizzazione jihadista fondata nel 2014 da Abu Bakr Al Baghdadi. Il Califfato avrà anche perso gran parte del suo territorio in Siria, Iraq e Libia, ma paradossalmente è proprio ora che va temuto di più. Perché se dell'impero del Daesh in Medio Oriente e Nord Africa oggi restano solo macerie, lo stesso non si può dire dell'ideale di morte da esso professato. Dell'odio nei confronti dell'Occidente “crociato”, ancora vivo nel cuore di migliaia di giovani islamici, trascinati sotto le insegne della “guerra santa” da una massiccia attività di propaganda operata soprattutto sui social network. 

La lista

A confermare la persistente pericolosità dell'Isis sarebbe l'Interpol, che il 29 novembre scorso avrebbe spedito al ministero italiano degli Interni una lista con 50 nomi di potenziali terroristi sbarcati nel nostro Paese attraverso i flussi migratori e pronti a colpire in Europa. L'elenco, di cui è venuto in possesso il quotidiano britannico The Guardian, sarebbe stato redatto personalmente dal Segretario generale dell'Organizzazione internazionale di polizia criminale, Jurgen Stock e inviato al Viminale, che avrebbe poi provveduto a trasmetterlo alle diverse agenzie dell'antiterrorismo operanti a livello europeo. Di ogni sospetto sarebbero indicati nome, cognome e data di nascita. Sarebbero tutti di nazionalità tunisina, come Anis Amri, il 24 enne che colpì nel mercatino di Natale di Breitscheidplatz (Berlino) il 19 dicembre 2016, dopo essere transitato per l'Italia. Scenario che l'Interpol teme possa ripetersi anche con i sospetti contenuti nella “blacklist”. Perché il nostro Paese, spesso minacciato ma mai ancora colpito, funge da ponte verso l'Europa per chiunque voglia entrarvi, non solo i disperati provenienti dai teatri di guerra ma anche i terroristi

Foreign Fighter

La Tunisia, del resto, nonostante la faticosa transizione democratica avviata dopo la caduta del regime di Ben Alì, continua a essere uno dei principali serbatoi per la jihad. Secondo le Nazioni Unite in 5.500 sono partiti dal Paese del Nord Africa per andare a combattere sotto le bandiere dell'Isis in Siria e Iraq. Il timore è che la disfatta del gruppo terroristico nelle due nazioni mediorientali porti potenziali foreign fighter a raggiungere il Vecchio Continente. Almeno 4 dei nomi inseriti nell'elenco sono già conosciuti dall'Interpol. Uno di questi, secondo la stessa organizzazione, “potrebbe avere già attraversato il confine italo-francese e raggiunto Gard”, dipartimento dell'Occitania, regione meridionale della Francia.

Sbarchi fantasma

“Secondo quanto emerso da informazioni ottenute nell'ambito della cooperazione internazionale – prosegue l'Interpol – i cittadini tunisini sono collegati all'Isis e avrebbero raggiunto l'Europa su imbarcazioni non identificate“. Gli sbarchi sarebbero avvenuti tra il luglio e l'ottobre 2017 su pescherecci e piccoli natanti poi abbandonati sulla spiaggia siciliana di Torre Salsa (Agrigento), una delle mete “preferite” dai migranti tunisini, per l'estrema vicinanza con zone boschive e rurali nelle quali è più facile dileguarsi una volta arrivati sulle nostre coste. E' il fenomeno dei cosiddetti “sbarchi fantasma” nel cuore della notte, che riguarda barche contenenti gruppi da 20/30 persone al massimo. Grazie a questa strategia si calcola che circa 3 mila migranti siano riusciti a raggiungere l'Italia, 400 dei quali sono stati individuati e identificati dalla polizia. “Non possiamo escludere la presenza di jihadisti in questi 'viaggi fantasma' – ha detto al Guardian il procuratore capo di Agrigento, Luigi Patronaggio – mimetizzati tra i migranti che arrivano in Sicilia”. Il pm agrigentino Salvatore Vella ha aggiunto: “Non sappiamo chi siano, né che facessero prima di giungere in Italia. In molti non vogliono essere identificati e si rifiutano di fornire le proprie impronte digitali. Ciò rende Agrigento la soluzione ideale per arrivare illegalmente in Europa, anche per i terroristi”. Lo stesso Vella ha sottolineato che le barche utilizzate dai migranti tunisini sono diverse da quelle, fatiscenti, provenienti dalla Libia. “Usano mezzi robusti, guidati da nocchieri esperti, che conoscono bene il mare”. L'hub di partenza, solitamente, è la città di Ben Guerdane, situata al confine con la Libia, dove nel 2016 il Daesh si è scontrato con l'esercito tunisino, uccidendo almeno 28 persone

Nessun riscontro

Sulla lista di cui ha scritto il Guardian è però intervenuto il Dipartimento della pubblica sicurezza, affermando che l'informazione “di 50 combattenti stranieri appartenenti all'Isis approdati in Italia e pronti a compiere attentati sulle coste italiane, non trova alcun riscontro”. Il Dipartimento ha precisato che “nell'ambito di un consolidato, costante e prolifico rapporto di collaborazione e scambio d'informazioni tra le autorità italiane e tunisine queste ultime hanno segnalato nel tempo al nostro Paese il probabile ingresso in Italia di appartenenti a presunti gruppi integralisti. Il proficuo rapporto di cooperazione internazionale di polizia tra i due Stati ha permesso di rintracciare un esiguo numero di persone segnalate le quali, a seguito delle previste procedure d'identificazione, sono state immediatamente rimpatriate. Ovviamente è massima l'attenzione verso tutti coloro che raggiungono illegalmente il nostro territorio e l'immediata espulsione di alcuni soggetti segnalati ne è una incontrovertibile conferma. Giova inoltre ricordare che grazie alla citata collaborazione con le Autorità tunisine, due volte alla settimana vengono effettuati rimpatri collettivi verso quel Paese”. 

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