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Ecco perché la terra può tremare ancora

Oltre un centinaio di scosse, la maggiore di magnitudo 4.5, con ingenti danni alle abitazioni. E' in breve il resoconto del terremoto che ha colpito questa notte la zona del Mugello, in provincia di Firenze. Per approfondire l'argomento, interris.it ha intervistato il sismologo Gilberto Saccorotti, Senior Researcher dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv).

Qual è la causa di questa serie di scosse nel Mugello?
“Quella del Mugello è una zona sismica ben nota segnalata come “ad elevata pericolosità sismica”. Si tratta quindi di una zona, quella appenninica, soggetta a frequenti movimenti di tipo distensivo. Niente di nuovo, quindi, per i sismologi. Quest'anno ricorre il centenario di un terremoto disastroso avvenuto in quella stessa zona nel 1919″. 

Esiste correlazione tra i cambiamenti climatici, innalzamento delle temperature ed eventi disastrosi quali eruzioni vulcaniche e terremoti?
“Non lo sappiamo, perché questa ipotetica correlazione non è ancora stata indagata sufficientemente per poter esprimere un giudizio scientifico”.

La faglia che ha interessato oggi il Mugello è la stessa di quella di Amatrice?
“No. Tutta la catena appenninica è interessata da questi movimenti distensivi: è la crosta terrestre che si muove e gli Appennini si stanno allontanando lungo la dorsale. Ma, entrando nello specifico, non si tratta della stessa faglia di Amatrice, né sono collegate tra di loro: sono segmenti diversi di un lungo sistema di faglie. Anche se il movimento generale di allargamento, come detto, è il medesimo”.

Ci saranno altre scosse? 
“Probabile. Dopo un terremoto di questa magnitudo, sono stati toccati i 4.5 gradi sulla scala Richter, seguono generalmente una serie di scosse di assestamento – denominate “after shock” – anche di magnitudo paragonabile alla principale. La maggior parte delle scosse registrate finora, circa una novantina, sono quasi tutte state sotto i 3 gradi Richter, fortunatamente”.

Potrebbe arrivare una scossa più forte delle precedenti, o le scosse di assestamento sono sempre di magnitudo inferiore?
“Purtroppo non si può proprio prevedere. Di sicuro c'è solo che dopo una scossa significativa, ne seguono altre di assestamento, generalmente molto più deboli. Ma su quale sarà l'evoluzione di questa sequenza, l'esperienza ci ha insegnato che non si può escludere nulla. Basti vedere il caso del terremoto de L'Aquila: la scossa disastrosa del 6 aprile 2009 delle ore 3:32 di magnitudo 6,3 che causò la morte di 309 persone, arrivò dopo mesi di attività sismica abbastanza sostenuta, iniziata nel dicembre 2008 e terminata solo nel 2012. La cautela dunque è d'obbligo”. 

Potrebbero esserci ripercussioni sulle faglie vicine?
“Impossibile prevederlo con certezza, ma la possibilità esiste. Vista la magnitudine non altissima, non dovrebbero esserci ripercussioni oltre qualche decina di chilometri dall'epicentro. Però non si può escludere, perché i terremoti 'si parlano' e una forte scossa può destabilizzare quelle vicine; ma in questo caso abbiamo un sisma moderato, dunque non dovrebbe accadere”. 

Cosa può fare il singolo cittadino?
“Il terremoto è un evento naturale come la pioggia o le forti mareggiate. L'italiano deve acquisirne consapevolezza, mettendo in atto – in caso di sisma – tutte quelle azioni che potrebbero salvargli la vita. Prima, va informato ed educato a dei codici di comportamento specifici da usare in caso di evento sismico. Una parte delle vittime dei terremoti è infatti dovute a comportamenti errati dei singoli cittadini”.

Per esempio?
“Per esempio uscire di casa ma rimanere in zone esposte a cadute di oggetti. Oppure vivere in abitazioni antisismiche, ma arredate con mobili pesanti non fissati alle pareti e che dunque potrebbero cadere addosso alle persone. La protezione civile ha stilato una serie di regole preventive consultabili nel pieghevole 'Io non rischio'”.

Quali invece i consigli più importanti mentre il sisma è in atto?
“Se si abita al piano terra, uscire il prima possibile di casa e stare in una zona aperta, lontano dai possibili crolli. Se si abita ai piani alti, è molto più sicuro ripararsi sotto un tavolo o sotto una struttura portante che tentare la via della fuga attraverso le scale o, peggio, con l'ascensore per poi rimanere bloccati dentro. Regole semplici che vanno interiorizzate ed adattate alla situazione”.

Anche se “moderato”, questo sisma ha lesionato diversi edifici. Esiste in Italia un'emergenza riguardo alla qualità delle abitazioni e delle costruzioni?
“Sì. Si tratta di un problema ben noto nel territorio italiano, fortemente sismico. La maggior parte delle costruzioni sono precedenti alle prime normative nazionali di protezione antisismica e fatte in un periodo – gli anni '60 e '70 – in cui non c'era attenzione all'uso e alla qualità dei materiali. E' un problema che ad ogni terremoto si ripete. Dando per scontato che non si possano azzardare previsioni sul luogo e sul tempo del prossimo sisma, l'unica strategia valida è puntare sulla prevenzione, in primis sulla qualità del costruito”.

Quali sono le richieste al Governo in merito alla sicurezza?
“Sono sempre le stesse: attuare dei piani di verifica della qualità e della resistenza delle costruzioni all'azione sismica su tutto il territorio nazionale, dando priorità agli edifici pubblici e strategici, come ospedali, scuole, strade, luoghi di lavoro fino alle abitazioni private. Inoltre, perseguire sulla strada del 'sisma bonus', l'incentivo economico per l'adeguamento sismico delle strutture che consiste nella modificazione delle costruzioni esistenti per renderle più resistenti all'azione sismica. Sono strategie che si applicano in tempi molto più lunghi della durata media di un governo e che necessitano di una visione lungimirante e condivisa, a prescindere dai partiti in carica”. 

Quali sono i costi per la prevenzione e quali quelli per la ricostruzione?
“Qua sta il nodo della questione. Se investiamo 1 euro oggi in prevenzione, ne risparmiano più o meno 7 domani in opere di ricostruzione. Questo significa che la ricostruzione post sisma delle strutture costa alle casse dello Stato sette volte di più della messa in sicurezza fatta precedentemente. Una scelta che ogni governo è chiamato a fare: se pianificare una serie di interventi anche a lungo termine oppure sperare che non ci siano più terremoti che poi porterebbero a spese sette volte maggiori per riparare e ricostruire”. Senza contare i costi umani, perché quelli sono inestimabili.

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