Arma dei Carabinieri e Ministero della Difesa chiedono di costituirsi parte civile nel processo sul depistaggio successivo alla morte di Stefano Cucchi, istituito nei confronti di otto militari accusati a vario titolo nel procedimento sul depistaggio legato al decesso del geometra romano, avvenuto il 22 ottobre 2009. Il gip Antonella Minunni si è riservata di decidere sull'istanza di costituzione, presentanta anche dai familiari di Cucchi, dal carabiniere Riccardo Casamassima (che contribuì a far riaprire le indagini) dai tre carabinieri già assolti, dalla onlus Cittadinanzattiva e dal Sindacato dei Militari, aggiornando l'udienza preliminare al 17 e 18 giugno prossimi. Una notizia accolta con soddisfazione dai familiari di Cucchi, a cominciare dalla sorella Ilaria: “Dopo 10 anni oggi è una giornata significativa e sono davvero emozionata per la decisione dell'Arma dei Carabinieri di volersi costituire parte civile, è una cosa senza precedenti”. Questo, secondo la sorella di Stefano, è dedicato “a chi continua a insinuare che la famiglia Cucchi sia contro i carabinieri e viceversa”. Intanto, dal premier Conte è arrivato l'ok affinché anche il Viminale possa costituirsi parte civile.
Casamassima: “Ho parlato e sto pagando”
Il geometra romano, arrestato per essere stato trovato in possesso di stupefacenti, poi sottoposto a un pestaggio in caserma dopo il rifiuto di sottoporsi al fotosegnalamento, aveva riportato, come poi affermato dai medici, “lesioni che nei giorni successivi determinarono il suo decesso”, avvenuto nell'ospedale romano “Sandro Pertini” una settimana dopo. Il processo sul depistaggio, volto ad appurare le dinamiche sulle coperture dell'avvenuto pestaggio, è stato riaperto a seguito delle dichiarazioni dell'appuntato Riccardo Casamassima il quale ha raccontato di “star pagando da anni per aver detto la verità in questo processo. Me l’hanno fatta pagare in ogni modo. Oggi non potevo non costituirmi parte civile per la vicenda legata ai falsi e ai depistaggi. La richiesta dell’Arma è solo una farsa”.
Le accuse
Agli imputati, i quali hanno fatto richiesat di processo con rito ordinario, il pm Giovanni Musarò contesta a vario titolo, a seconda delle rispettive posizioni, i reati di falso ideologico, omessa denuncia, favoreggiamento e calunnia, con riferimento particolare alle condotte successive che portarono alla modifica delle annotazioni realative allo stato di salute del 31enne quando, tra il 15 e il 16 ottobre 2009, venne portato alla caserma di Tor Sapienza, scritte subito dopo la sua morte.